L'inizio di un anno scolastico non è mai un fatto scontato. Tantissime potrebbero essere le suggestioni, le prospettive e le ricchezze di un impegno: di queste risorse è ricca e viva la scuola italiana. Da queste ci interessa partire. Non si tratta di negare o dimenticare l'abbandono istituzionale o i guai corporativo-strutturali. Si tratta di guardare più oltre, più in alto, cioè più nel profondo: dove vorremmo guardassero i nostri collaboratori ed i nostri alunni.
Scegliamo alcune voci che ci sono arrivate (appunto: Voci dalla scuola): l'esperienza di un dirigente, le riflessioni di uno scrittore amato dai giovani, la lettera di un preside ai nuovi alunni, suggerendo, con parole interessanti sul "conoscere", il nostro augurio a tutti i colleghi. (DiSAL)
L’unica conoscenza è amare. Piegarsi sull’altro, sul mondo, sulle cose perché ci rivelino il volto che li ha originati. La conoscenza, che, all’origine del mondo volle essere tragicamente superbia, è, nel suo aspetto più vero, un atto di realistica umiltà. Conoscere è incontrare qualcosa o qualcuno che ci attende ed a cui siamo destinati. In ogni conoscenza entra la nostra incancellabile tensione alla verità. (don Massimo Camisasca)
Avvenire - 10 settembre 2011
L’inizio delle lezioni è sempre, per me, un appuntamento atteso.
In modo particolare perché desidero che i miei nuovi alunni, quelli delle prime classi, comprendano subito che nel luogo dove trascorreranno gran parte della loro vita c’è gente che ha a cuore la loro umanità, e che – attraverso lo studio delle materie – si può vivere l’avventura della scoperta del proprio io, della ricerca del senso delle cose e della felicità.
Per questo, ogni anno mi metto in gioco, incontrandoli personalmente nelle prime ore di lezione del primo giorno di scuola, proponendo loro qualcosa di bello (una poesia, una canzone, un video, una testimonianza) tra le cose che mi hanno colpito e commosso di più nella vita, e grazie alle quali il mio stesso cuore è diventato più certo e più lieto.
Ed è commovente, ogni anno, leggere nei loro occhi la sorpresa nel vedere il loro “Preside” che si “compromette” improvvisandosi voce recitante o cantante, o ascoltare i loro commenti su un primo giorno di scuola diverso da come se lo erano immaginato. E scoprirvi, in quegli occhi ed in quei commenti, la speranza che perfino la scuola possa essere un posto interessante da frequentare.
Certo, si tratta in fondo solo di un istante, ma se è vero che la Totalità è contenuta interamente nell’istante, in ogni istante, occorre che l’inizio di un percorso contenga tutto il suo significato più profondo. Occorre che ogni nuovo inizio sia davvero un “inizio nuovo”.
L’inizio di un nuovo anno scolastico è, per un Preside, un momento assai delicato e ricco di problemi. Soprattutto in questi tempi di crisi e cambiamento, si corre assillati dalle carenze di un organico sempre instabile (il cui sistema di reclutamento non ha affatto a cuore le reali esigenze delle scuole), dall’inadeguatezza delle strutture, dalla gestione della sicurezza e quant’altro.
Il rischio è sempre quello: ridurre tutto alla preoccupazione organizzativa, perché ogni cosa “funzioni” come si deve.
Ma il vero problema di una scuola, più di qualsiasi organizzazione lavorativa di persone, è un altro: la consapevolezza del compito che ha chi vi lavora, su tutti gli insegnanti.
Per questo dedico il mio indirizzo di saluto al primo Collegio dell’anno proprio a questo tema, e cerco di sostenere anche in colloqui personali i docenti nella loro motivazione, ricordando loro che hanno tra le mani il destino di singole persone, gli alunni loro affidati, come anche di un intero popolo, che la scuola ha il compito di educare ed aiutare a crescere.
E per questo sottolineo la necessità di formarsi ed aggiornarsi continuamente, perché l’avventura dell’educazione richiede una costante disponibilità a mettersi in discussione, a correre il “rischio” nel rapporto con i ragazzi, ed in particolare con quelli delle generazioni particolarmente fragili e bisognose di una paternità, spesso loro negata, come quelle che abbiamo oggi di fronte.
Un’alleanza educativa: questo bisogna costruire. A partire dagli insegnanti, il primo e più autentico “tesoro” di ogni scuola.
Andrea Badalamenti, Dirigente Scolastico
Istituto Tecnico Economico “Leonardo Sciascia” – Erice (TP)
Avvenire - 10 settembre 2011
Scuola al debutto. Il primo giorno che vorrei
Che cosa avrei voluto sentirmi dire il primo giorno di scuola dai miei professori o cosa vorrei che mi dicessero se tornassi studente? Il racconto delle vacanze? No. Quelle dei miei compagni? No. Saprei già tutto. Devi studiare? Sarà difficile? Bisognerà impegnarsi di più? No, no grazie. Lo so. Per questo sto qui, e poi dall’orecchio dei doveri non ci sento. Ditemi qualcosa di diverso, di nuovo, perché io non cominci ad annoiarmi da subito, ma mi venga almeno un po’ voglia di cominciarlo, quest’anno scolastico. Dall’orecchio della passione ci sento benissimo.
Dimostratemi che vale la pena stare qui per un anno intero ad ascoltarvi. Ditemi per favore che tutto questo c’entra con la vita di tutti i giorni, che mi aiuterà a capire meglio il mondo e me stesso, che insomma ne vale la pena di stare qua. Dimostratemi, soprattutto con le vostre vite, che lo sforzo che devo fare potrebbe riempire la mia vita come riempie la vostra. Avete dedicato studi, sforzi e sogni per insegnarmi la vostra materia, adesso dimostratemi che è tutto vero, che voi siete i mediatori di qualcosa di desiderabile e indispensabile, che voi possedete e volete regalarmi. Dimostratemi che perdete il sonno per insegnare quelle cose che – dite – valgono i miei sforzi. Voglio guardarli bene i vostri occhi e se non brillano mi annoierò, ve lo dico prima, e farò altro. Non potete mentirmi. Se non ci credete voi, perché dovrei farlo io?
E non mi parlate dei vostri stipendi, del sindacato, della Gelmini, delle vostre beghe familiari e sentimentali, dei vostri fallimenti e delle vostre ossessioni. No. Parlatemi di quanto amate la forza del sole che brucia da 5 miliardi di anni e trasforma il suo idrogeno in luce, vita, energia. Ditemi come accade questo miracolo che durerà almeno altri 5 miliardi di anni. Ditemi perché la luna mi dà sempre la stessa faccia e insegnatemi a interrogarla come il pastore errante di Leopardi. Ditemi come è possibile che la rosa abbia i petali disposti secondo una proporzione divina infallibile e perché il cuore è un muscolo che batte involontariamente e come fa l’occhio a trasformare la luce in immagini. Ci sono così tante cose in questo mondo che non so e che voi potreste spiegarmi, con gli occhi che vi brillano, perché solo lo stupore conosce.
E ditemi il mistero dell’uomo, ditemi come hanno fatto i Greci a costruire i loro templi che ti sembra di essere a colloquio con gli dei, e come hanno fatto i Romani a unire bellezza e utilità come nessun altro. E ditemi il segreto dell’uomo che crea bellezza e costringe tutti a migliorarsi al solo respirarla. Ditemi come ha fatto Leonardo, come ha fatto Dante, come ha fatto Magellano. Ditemi il segreto di Einstein, di Gaudì e di Mozart. Se lo sapete, ditemelo.
Ditemi come faccio a decidere che farci della mia vita, se non conosco quelle degli altri. Ditemi come fare a trovare la mia storia, se non ho un briciolo di passione per quelle che hanno lasciato il segno. Ditemi per cosa posso giocarmi la mia vita. Anzi no, non me lo dite, voglio deciderlo io, voi fatemi vedere il ventaglio di possibilità. Aiutatemi a scovare i miei talenti, le mie passioni e i miei sogni. E ricordatevi che ci riuscirete solo se li avete anche voi i vostri sogni, progetti, passioni. Altrimenti come farò a credervi? E ricordatemi che la mia vita è una vita irripetibile, fatta per la grandezza, e aiutatemi a non accontentarmi di consumare piccoli piaceri reali e virtuali, che sul momento mi soddisfano, ma sotto sotto sotto mi annoiano.
Sfidatemi, mettete alla prova le mie qualità migliori, segnatevele su un registro, oltre a quei voti che poi rimangono sempre gli stessi. Aiutatemi a non illudermi, a non vivere di sogni campati in aria, ma allo stesso tempo insegnatemi a sognare e ad acquisire la pazienza per realizzarli quei sogni, facendoli diventare progetti.
Insegnatemi a ragionare, perché non prenda le mie idee dai luoghi comuni, dal pensiero dominante, dal pensiero non pensato. Aiutatemi a essere libero. Ricordatemi l’unità del sapere e non mi raccontate solo l’unità d’Italia, ma siate uniti voi dello stesso consiglio di classe: non parlate male l’uno dell’altro, vi prego. E ricordatemelo quanto è bello questo Paese, parlatemene, fatemi venire voglia di scoprire tutto quello che nasconde prima ancora di desiderare una vacanza a Miami. Insegnatemi i luoghi prima dei non luoghi. E per favore, un ultimo favore, tenete ben chiuso il cinismo nel girone dei traditori. Non nascondetemi le battaglie, ma rendetemi forte per poterle affrontare e non avvelenate le mie speranze, prima ancora che io le abbia concepite. Per questo, un giorno, vi ricorderò.
Alessandro D'Avenia
LETTERA AI NUOVI ALUNNI
12 settembre 2011: primo giorno di scuola.
Eccomi ad accogliere anche quest’anno i nuovi alunni di prima: quella che state per leggere, in realtà, non è una vera e propria lettera, ma semplicemente la sintesi di quello che ho pensato di dirvi nel primo incontro con voi: ho voluto riassumerlo per iscritto perché possiate rileggere almeno una volta le mie parole e rifletterci sopra, in modo che possano esservi davvero utili.
Oggi state per iniziare una nuova avventura. Forse siete pieni di domande e di incertezze, non sapete bene cosa vi aspetta: cominciate allora a guardarvi attorno e scoprite tutto quello che trovate di positivo – un compagno simpatico e attento a voi, un professore appassionato della propria materia - : partite da lì e tutto vi sarà più facile.
Certo il liceo è diverso dalla scuola media: questa scuola l’avete scelta voi - non è quella che fanno tutti - e dunque vi è chiesta maggiore responsabilità (la parola deriva dal verbo “rispondere”) e maggiore autonomia personale: cominciate ad essere voi a decidere cosa volete fare del vostro tempo, delle vostre energie, dei vostri interessi. Ma il liceo è diverso anche perché richiede un diverso approccio allo studio: maggiore attenzione e concentrazione, maggiore capacità di organizzare il proprio tempo, un po’ più di fatica e impegno. Attenzione: la fatica dello studio è una cosa buona, una sfida con voi stessi: non dovete averne paura.
Cosa chiedere infine alla scuola e ai vostri insegnanti?
Ai vostri insegnanti chiedete – e ne avete il diritto – due cose: di insegnarvi a studiare (perché possiate “imparare ad imparare”), di accompagnarvi nello studio suggerendovi un metodo di lavoro efficace; di insegnarvi a scoprire ciò che è bello e interessante in ciò che studiate, in tutte le discipline perché voi possiate sperimentare il piacere di studiare cose che vi interessano e che vi incuriosiscono.
Ora posso dirvi anch’io: buon anno scolastico!
Il preside Giovanni Moscatelli
(Liceo Scientifico Erba – Co)