Dibattito/Scuola: non più spesa ma investimento di qualità


L'istruzione non e' spesa sociale e' un investimento

LA REPUBBLICA - INSERTO AFFARI&FINANZA - 16 gennaio 2012

 

L`istruzione non è spesa sociale è un investimento Giorgio Vittadini* ..1."a domanda è ormai re torica: l`Italia è un Paese per giovani? In altre parole: sta adeguatamente investendo sul suo futuro liberandosi dalla morsa di visioni di breve respiro? Queste domande riguardano l`o rientamento di lungo corso del nostro sistema Paese, al di là dei provvedimenti di emergenza che lo stanno interessando in questi giorni. La crescita, che in Italia è ferma ormai da una quindicina d`anni, è strettamente correlata alla capacità di un sistema di valorizzare l`apporto delle nuove generazioni. Il rapporto tra vita lavorativa e vita ìn pensione (uno dei problemi più gravi della spesa pubblica nel lungo periodo) è sempre più squilibrato, ma (come documenta l`ultimo numero del periodico Atlantide) ciò che più preoccupa sono i dati inerenti la condizione giovanile:

nel nostro Paese 2,1 milioni di giovani trai quindici e i ventinove anni, nel 2010, non lavoravano né studiavano (i cosiddetti Neet: "Not in Education, Employment or Training"), i16,8% in più rispetto al 2009. La percentuale dei laureati, pur aumentata (19,0%), è al quartultimo posto nella Ue. La preparazione di base rimane buona, come dimostra il fatto che i cervelli "in fuga" sono apprezzati all`estero, ma non è curato, finanziato e sostenuto il livello di master e dottorati che forma la futura classe dirigente.

Per ciò che concerne il mercato del lavoro, la scarsa selettività dell`università fa si che a 5 anni dalla laurea, i giovani appartenenti a famiglie ricche hanno più contratti, più stabili e maggiore reddito. Inoltre la chiusura corporativa fa si che il nostro Paese abbia più giovani disoccupati di lunga durata rispetto alla Francia, alla Germania e alla Spagna:

nella scuola solo lo 0,2% degli insegnanti ha meno di 30 anni; l`età media dei ricercatori universitari supera i 40 anni; gli imprenditori "under 30" sono diminuiti del 23,5% tra il 2002 e i12010; i dipendenti della pubblica amministrazione compresi trai 15 e i 24 anni ne12010 erano i13,6% in meno rispetto a12007.

Per questo non sembra superfluo soffermarsi su alcune considerazioni che riguardano la formazione dei giovani e il loro ingresso nel mondo del lavoro, elementi indispensabili per invertire il trend negativo di crescita del nostro Paese. La prima e più importante osservazione è che occorre tornare a concepire la spesa per l`istruzione non come una spesa sociale, ma come un investimento.

Per la scuola fino alla secondaria superiore questo non significa spendere di più (per la spesa fino a questa fascia di istruzione siamo al di sopra della media Ocse), ma spendere meglio in funzione della qualità che, come mostrano alcuni studi internazionali, si raggiunge favorendo autonomia delle scuole pubbliche, pluralismo scolastico, libertà di scelta delle famiglie, rilancio della formazione professionale, valorizzazione della professionalità insegnante e immissioni dei giovani insegnanti non basate su ope legis. Per ciò che riguarda l`università, occorre adeguare il numero di laureati allo standard internazionale e, nello stesso tempo, curare mag- giormente l`eccellenza fatta di dottorati e di master, che meglio possono essere curati se rimangono legati al mondo universitario piuttosto che alle sole realtà sindacali e imprenditoriali. Il finanziamento va portato alle percentuali dei Paesi leader, ma occorre superare il centralistico metodo dell`FFO e utilizzare criteri che valorizzino la qualità, con tasse più alte e più alte borse di studio per i più bisognosi o per chi sceglie di trascorrere periodi di studio all`estero. Anche per quanto riguardailmercato dellavoro, invece di distribuire a pioggia soldi alle imprese, occorre valorizzare maggiormente l`imprenditorialità giovanile e favorire le forme di flessibilità che incentivano quantità e qualità di occupazione giovanile (dalle forme interinali, all`apprendistato, fino all`alto apprendistato), senza continuare a fare l`errore di confondere flessibilità con precariato.

Senza la capacità di guardare al domani, non cí sarà sviluppo e benessere né per le nuove, né per le vecchie generazioni.

 

*Presidente Fondazione per la Sussidiarietà

 

Scuola, i tecnici sanno fare le nozze con i fichi secchi

la Repubblica – 16 gennaio 2012 - Mario Pirani

La prima notizia è che dopo tre anni di tagli per un ammontare di 8 miliardi, con sospensione degli scatti e delle anzianità, quest'anno, almeno finora, neppure un euro è stato sottratto al bilancio educativo

La caciara, abituale di questi tempi, nel mondo scolastico quest'anno stranamente si tace. Un silenzio sotteso alla sensazione che l'intervento inedito di un governo tecnico abbia introdotto un uso parco della protesta e una percezione più concreta dell'agire. O addirittura indotto al convincimento – in realtà errato – che un governo, chiamato al proscenio per evitare il fallimento finanziario ed economico del Paese, di nient'altro debba occuparsi. Per cui si è persino smarrita la percezione che sono all'opera e chiamati a renderne conto ministri addetti al funzionamento della Giustizia, della Pubblica istruzione, della Difesa, dell'Ambiente, degli affari Interni ed Esteri e via via degli altri settori della amministrazione statale. Una assenza mass mediatica nel suo assieme, di cui vorremmo, quanto meno, segnalare l'assurdo. A cominciare, appunto, dalla scuola dove tre personaggi, di orientamenti culturali diversi, noti fra gli educatori ma non fuori dalla loro cerchia, il ministro Francesco Profumo, già rettore del Politecnico di Torino e i sottosegretari, Elena Ugolini, preside di Cl, esperta nei metodi di valutazione scolastica, e Marco Rossi Doria, docente elementare, molto conosciuto soprattutto a Napoli e nell'entroterra campano per aver promosso e diffuso nell'ultimo trentennio il movimento dei "maestri di strada" per aiutare gli insegnanti e i ragazzi soprattutto nei quartieri di maggior disagio, questi tre esperti che mai avrebbero immaginato di entrare al governo, stanno dando prova di saper congiungere le loro diverse esperienze per un difficile recupero di un apparato scolastico profondamente dissestato.

La prima notizia è che dopo tre anni di tagli per un ammontare di 8 miliardi, con sospensione degli scatti e delle anzianità, quest'anno, almeno finora, neppure un euro è stato sottratto al bilancio educativo, una "non notizia" che indica una felice inversione di tendenza. A questa svolta si è accompagnata nelle parole sobrie del ministro e dei suoi collaboratori una evoluzione lessicale: al vocabolo "spesa" si è sostituito volutamente quello di "investimento" e così sono state eliminate tutte quelle definizioni sprezzanti, auto distruttive, irrispettose per ristabilire, con piemontese puntiglio, un linguaggio che valorizzi "la funzione civile degli insegnanti". Fare una buona politica con pochi mezzi è l'imperativo di questi tecnici al governo: così questo ministro piemontese ha voluto ripartire con un gesto meridionalista, investendo il primo miliardo degli aiuti europei di cui si rischiava la perdita, per sovvenzionare i bisogni più urgenti delle scuole pugliesi, calabresi, campane e sicule. Si è messa in piedi una azione regionalistica, definita, però, centralmente in accordo col ministro per lo Sviluppo, Barca. È stato così concordato di destinare un primo miliardo alle scuole, senza distribuzioni a pioggia ma puntando in quattro direzioni specifiche: a) edilizia scolastica, messa a regime e restauro di edifici non completati; b) investimenti integrati in nuove tecnologie informatiche, accompagnati da corsi formativi in merito sia per insegnanti che per studenti, così che le innovazioni siano utilizzate a pieno; c) iniziative contro la dispersione scolastica; d) interventi di recupero e aiuto nelle zone di più accentuata povertà sociale con speciale attenzione all'analfabetismo digitale.

Colpisce la concreta minuzia di queste indicazioni di lavoro che legano strettamente, senza astruserie pedagogiche, l'opera del ministero alla vita del più sperduto istituto elementare. Una riflessione che ci è tornata ascoltando da uno dei sottosegretari l'elenco, in apparenza semplicistico ma decisivo, del "controllo delle competenze irrinunciabili": saper leggere e comprendere una frase, saperla scrivere, apprendere i fondamenti elementari della matematica e i primi rudimenti di una seconda lingua. Un ritorno storico ai contenuti primi dell'insegnamento, privo finalmente di orpelli ideologici.

 
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