Per una nuova dirigenza scolastica. Giuseppe Mariani


PER UNA NUOVA PROFESSIONE DIRIGENTE

Giuseppe Mariani, dirigente scolastico I.C. Giussano (Mi)

Il 15 luglio dello scorso anno 2010 è stato sottoscritto il CCNL dell'area quinta della dirigenza.

Fra qualche giorno, il 12 ottobre, con la prova preselettiva sembra finalmente avviarsi la tanto attesa procedura per il reclutamento di 2386 nuovi dirigenti scolastici: la prima fase di un consistente ricambio generazionale.

Questi due eventi concorrono in misura importante alla stabilizzazione dell’attuale profilo professionale: nel momento della massima ingessatura della funzione ci vuole allora un gran colpo d'ala per progettare una professione diversa e nuova per il dirigente di una scuola che possa e che voglia essere "autonoma" e "libera".

 

L’attuale dirigenza frutto dell’autonomia scolastica voluta dalla legge 59/97

La dirigenza scolastica attuale è figlia dell’art. 21 della legge n. 59 del 15 marzo 1997 "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa".

Gli strumenti attuativi di tale delega con incidenza nell’ambito scolastico sono stati:

1.      il D. Lgs. 31 marzo 1998, n. 112  "Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59";

2.      il D. Lgs. 6 marzo 1998, n. 59 “Disciplina della qualifica dirigenziale dei capi di istituto delle istituzioni scolastiche autonome, a norma dell'art. 21, c.16, della legge 15 marzo 1997, n.59”;

3.      il D.P.R. 18 giugno 1998 n. 233 ”Regolamento recante norme per il dimensionamento ottimale delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti, a norma dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59”;

4.      il D.P.R. 8 marzo 1999, n. 275 “Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59”;

5.      il decreto interministeriale 1° febbraio 2001, n.44, “Regolamento concernente le «Istruzioni generali sulla gestione amministrativo-contabile delle istituzioni scolastiche»”.

 

Questi cinque provvedimenti saldano fra loro gli elementi di un disegno unitario, scaturito anzitutto dal I comma del citato art. 21: “L'autonomia delle istituzioni scolastiche e degli istituti educativi si inserisce nel processo di realizzazione della autonomia e della riorganizzazione dell'intero sistema formativo.

Ai fini della realizzazione della autonomia delle istituzioni scolastiche le funzioni dell'Amministrazione centrale e periferica della pubblica istruzione in materia di gestione del servizio di istruzione, fermi restando i livelli unitari e nazionali di fruizione del diritto allo studio nonché gli elementi comuni all'intero sistema scolastico pubblico in materia di gestione e programmazione definiti dallo Stato, sono progressivamente attribuite alle istituzioni scolastiche, attuando a tal fine anche l'estensione ai circoli didattici, alle scuole medie, alle scuole e agli istituti di istruzione secondaria, della personalità giuridica degli istituti tecnici e professionali e degli istituti d'arte ed ampliando l'autonomia per tutte le tipologie degli istituti di istruzione, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contabilità dello Stato”.

 

La domanda che oggi, a Torino, ci poniamo è questa: è possibile un altro tipo di dirigenza?

E ci rendiamo subito conto che per rispondere dobbiamo porci un’altra domanda, più a monte: è possibile un altro tipo di autonomia?

 

Questa dirigenza è funzionariato statale perché questa autonomia è decentramento amministrativo

L'autonomia scolastica ha incrementato in modo sommativo le competenze del preside senza innovarne il ruolo, incardinato sostanzialmente nel funzionariato statale.

In questo senso tra il profilo del preside scaturito dalla riforma Gentile e il profilo del dirigente scolastico delineato nel 1997 (poi contrattualizzato nei CCNL) ci sono prevalenti elementi di continuità:

A.      nelle funzioni “interne” all’istituto che gli è affidato (vedi di seguito);

B.      sul versante dell’apparato amministrativo verticale, pur con la moltiplicazione dei compiti amministrativi derivati dal passaggio alle scuole delle funzioni dei Provveditorati agli studi.

 

Operiamo un piccola sinossi delle due norme:

 

art. 10 del R.D. 30 aprile 1924, n. 965

art. 14 del CCNL 2006/09 del 15 luglio 2010

A) versante “interno”

Il preside sopraintende al buon andamento didattico, educativo ed amministrativo del suo istituto.

 

Il dirigente, la cui funzione è definita negli articoli 1 e 2 del CCNL 11 aprile 2006, conforma la sua condotta al dovere costituzionale di servire la Repubblica con impegno e responsabilità e di rispettare i principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’attività amministrativa nonché quelli di leale collaborazione, di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 del codice civile, anteponendo il rispetto della legge e l’interesse pubblico agli interessi privati propri ed altrui (…).

B) versante gerarchico

Esegue e fa eseguire le disposizioni delle leggi, dei regolamenti e gli ordini delle autorità superiori.

 

In relazione allo specifico contesto della comunità scolastica, e al fine di migliorare costantemente la qualità del servizio, il dirigente deve in particolare (…) assicurare il rispetto della legge, nonché l’osservanza delle direttive generali e di quelle impartite dall’amministrazione e perseguire direttamente l’interesse pubblico nell’espletamento dei propri compiti e nei comportamenti che sono posti in essere dando conto dei risultati conseguiti e degli obiettivi raggiunti.

 

Si noti che il concetto della responsabilità del “buon andamento” della cosa pubblica affidata al pubblico amministratore va al di là dei tempi ed è oggi incarnato nella Costituzione stessa (art. 97).

Quanto alle due categorie dei compiti affidati (sul versante interno e sul versante gerarchico), sono anch’esse confermate, pur nella diversa temperie culturale dei tempi: allora la società era autoritaria e il preside era il colonnello della scuola; ora la società è retta dai principi dell’economia e il dirigente scolastico è il manager della scuola (rende conto dei risultati conseguiti).

L’antico Giano era raffigurato bifronte perché con una faccia vigilava sull’entrata in città mentre con l’altra ne vigilava le uscite; simile è il capo d’istituto che con la prima faccia “guarda” all’interno della propria scuola mentre con l’altra “guarda” il sistema gerarchico al quale è organico.

La prima faccia è rimasta sostanzialmente immutata nel tempo; anche la seconda c’è sempre stata, solo che l’autonomia scolastica le ha allargato a dismisura il panorama delle cose da guardare (e da fare).

Manca del tutto, allora come oggi, la terza interfaccia: quella con la comunità locale.

 

Per le funzioni amministrative del dirigente scolastico basta il direttore dei servizi generali e amministrativi?

La conferma del carattere amministrativo della dirigenza scolastica la troviamo nell’art. 14 del DPR n. 275/1999Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.

Tale articolo elenca le materie trasferite alle scuole: esse hanno costituito la formale ragion d’essere del conferimento della dirigenza ai capi d’istituto.

1. A decorrere dal 1° settembre 2000 alle istituzioni scolastiche sono attribuite le funzioni già di competenza dell'Amministrazione centrale e periferica relative alla carriera scolastica e al rapporto con gli alunni, all'amministrazione e alla gestione del patrimonio e delle risorse e allo stato giuridico ed economico del personale non riservate, in base all'articolo 15 o ad altre specifiche disposizioni, all'Amministrazione centrale e periferica (…).

2. In particolare le istituzioni scolastiche provvedono a tutti gli adempimenti relativi alla carriera scolastica degli alunni e disciplinano, nel rispetto della legislazione vigente, le iscrizioni, le frequenze, le certificazioni, la documentazione, la valutazione, il riconoscimento degli studi compiuti in Italia e all'estero ai fini della prosecuzione degli studi medesimi, la valutazione dei crediti e debiti formativi, la partecipazione a progetti territoriali e internazionali, la realizzazione di scambi educativi internazionali (…).

3. Per quanto attiene all'amministrazione, alla gestione del bilancio e dei beni e alle modalità di definizione e di stipula dei contratti di prestazione d'opera di cui all'articolo 40, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le istituzioni scolastiche provvedono in conformità a quanto stabilito dal regolamento di contabilità di cui all'articolo 21, commi 1 e 14 della legge 15 marzo 1997, n. 59, che può contenere deroghe alle norme vigenti in materia di contabilità dello Stato, nel rispetto dei princìpi di universalità, unicità e veridicità della gestione e dell'equilibrio finanziario. Tale regolamento stabilisce le modalità di esercizio della capacità negoziale e ogni adempimento contabile relativo allo svolgimento dell'attività negoziale medesima, nonché modalità e procedure per il controllo dei bilanci della gestione e dei costi.

4. Le istituzioni scolastiche riorganizzano i servizi amministrativi e contabili tenendo conto del nuovo assetto istituzionale delle scuole e della complessità dei compiti ad esse affidati, per garantire all'utenza un efficace servizio.

Assicurano comunque modalità organizzative particolari per le scuole articolate in più sedi. Le istituzioni scolastiche concorrono, altresì, anche con iniziative autonome, alla specifica formazione e aggiornamento, culturale e professionale del relativo personale per corrispondere alle esigenze derivanti dal presente regolamento.

5. (…)

6. Sono abolite tutte le autorizzazioni e le approvazioni concernenti le funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 15. (…).

Quindi l’autonomia scolastica ha comportato:

1.      il trasferimento dai Provveditorati alle scuole di tutti i provvedimenti relativi alla gestione degli alunni;

2.      il trasferimento dai Provveditorati alle scuole della gestione dello stato giuridico del personale (da eccezione, come vedremo, dei provvedimenti di selezione ed assunzione);

3.      l’attribuzione della capacità negoziale e della gestione del bilancio.

Notiamo che tutti questi compiti sono svolti dall’ufficio di segreteria.

Procedimenti relativi, ad esempio, alla ricostruzione di carriera, alle cessazioni dal servizio, alle retribuzioni del personale a tempo determinato per supplenze brevi, alle ritenute previdenziali e assistenziali ecc. sono svolti dal personale di segreteria tramite applicativi informatici, sotto la responsabilità del direttore dei servizi generali e amministrativi; la firma del dirigente scolastico ha solo la funzione di validare il provvedimento conclusivo di attività che di fatto competono al direttore amministrativo e che, data la sua qualifica funzionale (VIII livello), di diritto gli possono essere affidate.

Pensiamo a quanto avvenuto con la gestione patrimoniale: il D.I n. 44/2001 l’ha passata in toto dalle mani del capo d’istituto a quelle del direttore s.g.a. (art. 24).

Anche quelle attività negoziali che il D.I. n. 44/2001 attribuisce al dirigente (art. 32) potrebbero essere coerentemente ricondotte al capo degli uffici di segreteria: infatti il titolo per l’accesso a tale profilo è la laurea in discipline giuridiche od economiche proprio perché sono richieste competenze di diritto privato o di diritto commerciale.

 

Al termine di questa prima parte del nostro intervento arriviamo alle seguenti conclusioni:

A.      il contesto dell’autonomia scolastica è la riforma della Pubblica Amministrazione iniziata con la legge n. 241/1990;

B.      il suo rilievo funzionale sta nel decentramento delle funzioni amministrative prima dei Provveditorati agli Studi;

C.      la dirigenza scolastica è stata conseguente all’assolvimento dei compiti già del Dirigente provinciale (il Provveditore);

D.     tale dirigenza era ed è nel solco del funzionariato statale.

 

La dirigenza scolastica esclusa

Il profilo meramente amministrativo delineato nel Regolamento dell’autonomia scolastica trova enunciazione nell’art. 14 “Attribuzione di funzioni alle istituzioni scolastiche”; trova conferma “a contrariis” nel successivo art. 15, intitolato “Competenze escluse.

La minorità dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, rispetto a quelle degli enti locali, delle aziende sanitarie, delle aziende ospedaliere, delle università ecc. risulta qui nella sua evidenza: anzitutto dall’esclusione dalle procedure direclutamento del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario con rapporto di lavoro a tempo indeterminato”, quindi dalla gestione delle operazioni di mobilità definitiva e annuale del personale stesso.

Per sorridere: possiamo dire che nella scuola non è il dirigente che sceglie il personale ma è il personale che sceglie il dirigente (ma non illudiamoci, la verità è di più basso profilo: il personale sceglie, di solito, la “comodità” della sede, indipendentemente dal dirigente).

In verità il dirigente scolastico è escluso non solo dalla procedura di reclutamento del personale ma anche dalla sua valutazione.

Lo stato giuridico degli insegnanti è quello del 1974 (DPR n. 417). Esso esclude ogni forma di valutazione del docente se non nell’anno di prova per la conferma in ruolo: quest’ultima poi è regolata dalla democraticista procedura del comitato di valutazione che vede il dirigente votare in perfetta parità con i quattro docenti membri del comitato stesso...

Ugualmente la formazione iniziale dei docenti prevede che la valutazione del tirocinio nelle scuole sia del docente tutor e del docente universitario (Regolamento 10 settembre 2010, n. 249): non si fa menzione del dirigente scolastico che tuttavia è chiamato a firmare il contratto di tirocinio.

In conclusione, ci si chiede con quali strumenti il dirigente scolastico possa esercitare laresponsabilità dei risultati del servizio” o gli “autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane” che gli sono attribuiti dall’art. 25 bis del D. Lgs. 59: come può fare il capo del personale se non può sceglierlo e valutarlo?

Come può essere valutato per i risultati del servizio[1] se non può governare gli “strumenti” del servizio stesso, riconoscerne i meriti, disincentivarne i demeriti?

Ricordiamo qui, incidentalmente, un’altra contraddizione.

L’art. 25 bis del D. Lgs. 59 riconosce al dirigente scolastico il diritto di avvalersi di docenti da lui individuati, ai quali possono essere delegati specifici compiti”.

Tuttavia il contratto del comparto scuola è intervenuto a limitare tale diritto, pur insito nella legge, alla scelta di due soli collaboratori (art. 34): tipico portato della sfiducia nella dirigenza scolastica, senza discernimento fra istituti scolastici con una o due sedi (ove due collaboratori sono più che sufficienti) e istituti scolastici con cinque, dieci o quindici sedi, come pure fra istituti di 300 alunni e istituti di 1500 alunni.

 

Quali possono essere le autentiche funzioni dirigenziali nella scuola di oggi?

Andiamo quindi a ricercare nell'art. 25 bis del decreto legislativo 6 marzo 1998, n. 59, quali contenuti possano essere ritenuti autenticamente dirigenziali.

Con la rappresentanza legale dell'istituzione il dirigente scolastico:

-        assicura la gestione unitaria dell'istituzione

-        ne ha la legale rappresentanza

-        è responsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali

-        è responsabile dei risultati del servizio[2]

-        nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane

-        organizza l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative

-        è titolare delle relazioni sindacali

In quanto garante dei diritti costituzionali[3] il dirigente scolastico promuove gli interventi per:

-        l'esercizio della libertà di insegnamento, intesa anche come libertà di ricerca e innovazione metodologico-didattica

-        l'esercizio della libertà di scelta educativa delle famiglie

-        l'attuazione del diritto all'apprendimento da parte degli alunni.

La valutazione: i dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensione regionale e rispondono, agli effetti dell'art. 20, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l'amministrazione scolastica regionale

Al par. 3 troviamo un cenno all'apertura al territorio: "il dirigente scolastico promuove gli interventi per assicurare (…) la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio".

Tale apertura appare però formulata in modo da apparire strumentale all'acquisizione delle risorse ritenute vantaggiose per l'istituzione scolastica: del resto non poteva essere nulla di più o nulla di diverso, data l'impostazione statalista del profilo del dirigente di scuola.

 

L’autonomia nella sussidiarietà: l’esperienza svizzera e quella anglosassone

Nella Svizzera plurilingue e federalistica[4], il sistema scolastico è caratterizzato da un forte radicamento locale e cantonale e dalla specificità nelle diverse regioni linguistiche.

La responsabilità principale compete ai 26 Cantoni[5]: perciò in Svizzera esistono 26 sistemi scolastici, con caratteristiche diverse, anche se uniti da alcuni principi di base comuni.
La competenza per il settore della formazione postobbligatoria è ripartita tra Confederazione e Cantoni.

Non esiste un ministero dell’istruzione: l'autorità di coordinamento nazionale è la Conferenza svizzera dei direttori cantonali della pubblica educazione

L’apparato amministrativo delle scuole è ridotto al minimo in quanto le scuole sono gestite direttamente dai Comuni (scuole elementari) o dai Cantoni (scuole medie e superiori) che pagano gli stipendi ai direttori e agli insegnanti, fornendo strutture e finanziamenti alle scuole.

Un altro sistema con forte radicamento col territorio è quello dei Paesi anglosassoni[6].

Nel Regno Unito di Gran Bretagna le Local Education Authorities (LEA) attribuiscono alle scuole primarie e secondarie con almeno 200  alunni la gestione del bilancio loro assegnato.

Le scuole sono amministrate dagli school governing bodies, di cui fanno parte i rappresentanti dei genitori, degli insegnanti  e della LEA: i governing bodies solo apparentemente sono rapportabili ai nostri consigli di circolo o di istituto, in quanto sono dotati di effettivi poteri di indirizzo e di gestione finanziaria e amministrativa.

Pensiamo che il capo d’istituto è scelto dal governing body: della propria gestione egli risponde alla comunità scolastica e territoriale, oltre che al controllo della qualità dell'istruzione e dell'organizzazione operata dall'Office for Standards in Education cui fa capo un corpo di ispettori.

In questo contesto si sono pertanto sviluppati alcuni concetti che inevitabilmente ritroviamo a proposito di bilancio sociale, ad es. accountability e stakeholder.

Col termine di accountability si indica il dovere di rispondere a tutti i possibili interessati dei risultati conseguiti, cioè su come l’istituzione scolastica ha svolto il proprio compito; gli stakeholders sono coloro che possono vantare diritti, interessi, aspettative rispetto alla scuola e sono da considerare non interlocutori passivi, ma dei veri protagonisti.

 

Una nuova autonomia nella sussidiarietà

Abbiamo rimarcato prima che nel sistema italiano il concetto di responsabilità della gestione della scuola è fondamentalmente quello della responsabilità verso la gerarchia ministeriale: i dirigenti scolastici sono funzionari dello Stato che ad esso rispondono, ma non hanno vincoli istituzionali verso gli enti territoriali che forniscono le strutture e sono interessati alla gestione scolastica (Comuni, Province, Regioni).

Eppure la Costituzione del 1948 già nell’art. 2 “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità”; demanda alla legge la determinazione delle regole della parità scolastica (art. 33, donde la legge 10 marzo 2000, n. 62).

Giorgio La Pira, durante i lavori dell’Assemblea costituente, sostenne che i diritti della persona umana non sono integralmente tutelati se non sono tutelati anche i diritti delle comunità nelle quali la persona umana si espande, la famiglia anzitutto, ma poi delle altre comunità in cui si organizza il corpo sociale. “Non tenendo conto di questi diritti si avrebbe soltanto una parziale affermazione dei diritti dell'uomo con tutte le dannose conseguenze che ne deriverebbero; includendoli, invece, si arriva alla teoria del cosiddetto pluralismo giuridico che riconosce i diritti del singolo e i diritti delle comunità e con questo dà una vera integrale visione dei diritti imprescrittibili dell'uomo”.

Nel 1992 il Trattato sull'Unione europea (detto di Maastrischt) ha istituzionalizzato il principio della sussidiarietà (art. 5).

La ricezione di tale principio nell’ordinamento giuridico italiano ha comportato l’avvio di riforme di sistema, dapprima il decentramento amministrativo e quindi l’avvio della riforma in senso federale dello Stato.

La legge n. 59/1997, all’art. 4, comma 3, recepisce il principio di sussidiarietà con “l'attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative (…) alla autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati”.

Il principio di sussidiarietà è stato recepito nella Costituzione con legge costituzionale n. 3/2001. La nuova formulazione dell’art. 118 dichiara che: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.

Citiamo anche il riconoscimento costituzionale dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, che si legge nell’art. 117 comma 3, 4° alinea, allorché viene fatta salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche dalle materie di legislazione concorrente tra Stato e Regioni.

Le premesse di diritto per una nuova impostazione dell’autonomia ci sono: la scuola del territorio può essere espressione della comunità del luogo, gestita dall’ “autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati”.

 

Una nuova dirigenza nella sussidiarietà

Allo stesso modo la dirigenza scolastica può essere collegata alla stessa comunità.

L’albo regionale dei dirigenti scolastici è la risorsa attraverso la quale i consigli delle scuole (di cui fanno parte i rappresentanti dell’ente territoriale che fornisce alla scuola le strutture e i finanziamenti) individuano i professionisti dell’educazione ai quali affidare la gestione dell’istituto.

Alleggerito delle mansioni del funzionario amministrativo, il primo compito di chi dirige la scuola della sussidiarietà diventa quello di creare in essa le condizioni che favoriscano esperienze culturali ed educative ricche di significati per i giovani, in un contesto di comunità scolastiche autonome e libere.

Proviamo allora a delineare il profilo del dirigente scolastico della scuola nella sussidiarietà[7]:

-          proviene dall’esperienza dell’insegnamento

-          è scelto dal consiglio della scuola dall’albo regionale dei dirigenti, venendo “contrattualizzato” dal direttore regionale solo dopo la designazione locale

-          si sintonizza con le richieste educative della comunità scolastica

-          propone all’approvazione del consiglio i Piani pluriennali e annuali

-          è un leader educativo

-          sceglie gli insegnanti

-          seleziona e retribuisce i suoi collaboratori docenti (col limite del 5% dell’organico)

-          adotta il modello di una leadership distribuita

-          cura lo sviluppo professionale degli insegnanti, li incoraggia e li motiva

-          crea un clima favorevole all’impegno di studenti e famiglie

-          infonde una visione comune per obiettivi ambiziosi (Progetto di istituto)

-          ha la responsabilità esclusiva della gestione delle risorse professionali, finanziarie e strumentali

-          dispone di un budget annuo complessivo (una somma per ogni alunno iscritto) che gestisce senza vincoli di destinazione con rendicontazione dei risultati

-          all’interno di questo budget assegna al personale le risorse della premialità

-          è responsabile della sicurezza dei locali e della manutenzione ordinaria degli edifici (con relativo budget annuo)

-          è propositivo all’interno della rete di scuole del territorio

-          grazie alla valutazione interna ed esterna, verifica i propri risultati, ne rende conto pubblicamente agli “stakeholder”, anzitutto all’ente territoriale di riferimento.



[1] Il CCNL ribadisce "è responsabile in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati" (art. 14).

[2] Abbiamo già espresso le nostre riserve sulla sostenibilità della responsabilità dei risultati del servizio in concomitanza con l’incapacità (giuridica) di selezionare e valutare il personale: è come giocare a tennis con le braccia legate.

[3] L'art. 2 del CCNL 2002/2005 opera un significativo ricollocamento dei diritti costituzionali garantiti dal dirigente, mettendo al primo posto il diritto all'apprendimento degli alunni: "Il dirigente scolastico (…) promuove l'esercizio dei diritti costituzionalmente tutelati, quali il diritto all'apprendimento degli alunni, la libertà di insegnamento dei docenti, la libertà di scelta educativa da parte delle famiglie".

[4] Il federalismo svizzero è basato fortemente sul principio di sussidiarietà.

Si veda ad esempio l’art. 43a della Costituzione del 1999 - Principi per l’assegnazione e l’esecuzione dei compiti statali

1 La Confederazione assume unicamente i compiti che superano la capacità dei Cantoni o che esigono un disciplinamento uniforme da parte sua.

2 La collettività che fruisce di una prestazione statale ne assume i costi.

[5] Costituzione svizzera del 1999, Art. 62 Scuola -  Il settore scolastico compete ai Cantoni.

[6] Le righe che seguono sul sistema anglosassone sono di Giulio Cassina, tratti dal cap. X del manuale “Il dirigente scolastico” (Edises, Napoli 2010).

[7] Vedi anche Antonio Oliva, presidente dell’associazione TreeLLLe, in Quaderno n. 7 del 17 gennaio 2008

 
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