Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie - Ente qualificato dal MIUR alla formazione
Comunicato stampa
Uno sguardo buono per una buona scuola
C’è un assunto nella premessa del documento ‘La buona scuola. Facciamo crescere il Paese’ proposto dal Governo Renzi che, nella sua formulazione ed assoluta certa determinazione, preoccupa e che è espressione dell’immagine di scuola che lo ispira: “… dare al Paese una Buona Scuola significa dotarlo di un meccanismo permanente di innovazione, sviluppo, e qualità della democrazia. Un meccanismo che si alimenta con l’energia di nuove generazioni di cittadini, istruiti e pronti a rifare l’Italia, cambiare l’Europa, affrontare il mondo.” Un’assunto che identifica la scuola con un meccanismo, una catena di montaggio, in grado , se ben progettata, oliata e funzionante, di garantire direttamente sviluppo, cittadinanza, ricostruzione. C’è di che preoccuparsi, innanzitutto.
Una logica funzionalista e populista che evita di metter a fuoco la domanda fondamentale in questo momento di grave crisi: a cosa serve
La scuola oggi non può più avere come scopo la semplice trasmissione di saperi e di competenze, la realizzazione efficiente di programmi e procedure, ma è chiamata a diventare sempre più luogo di proposta fatta da adulti che, nel rapporto quotidiano che realizzano con i propri studenti attraverso la proposta delle materie insegnate e della costruzione di un contesto formativo, ne sfidino il cuore e la ragione, impegnandoli in quella verifica personale e significativa della realtà affinchè diventi cultura. Adulti preparati a questa sfida. E luoghi strumentati a questa possibilità.
Se l’assunto del governo è far funzionare un meccanismo allora le soluzioni proposte non possono non pescare, seppur ispirate da buone intenzioni, da logiche estranee ad una tale concezione educativa: logiche occupazionali - “lanciamo un piano straordinario per assumere a settembre 2015 quasi 150 mila docenti: tutti i precari storici e tutti i vincitori e gli idonei dell’ultimo concorso” - logiche di incremento della spesa pubblica -con uno sforzo economico che pare non tener conto dell’attuale grave situazione del debito pubblico - logiche da diritti acquisiti.
E poi il modello di un ‘Rapporto’ ovvero di un libro bianco da sottoporre alla consultazione del mondo della scuola e non solo (“Non chiamiamola consultazione, perché non c’è un “noi” e un “voi”. C’è solo la nostra scuola.” - “Non saranno “convegni”, ma co-design jams, barcamp o world cafès” - “ Sarà possibile inviare un feedback generale, commentare e integrare le diverse proposte.”…) sperimentato da altri governi (gli Stati generali di morattiana memoria, ad esempio, ma non solo) che rimanda, comunque, per gli investimenti alla prossima legge finanziaria e per l’attuazione a (probabili) decreti applicativi prevedibili non prima del 2015.
Il Rapporto sulla scuola rilancia, comunque, alcuni degli aspetti decisivi per un rilancio del sistema scuola: l’instabilità del lavoro dei docenti a tempo determinato e la valorizzazione della figura del docente nella scuola che cambia, il rapporto tra scuola e lavoro, oggi non più demandabili, il governo delle istituzioni scolastiche, con la valorizzazione del ruolo del dirigente scolastico, e la rendicontazione pubblica del servizio offerto da ciascuna scuola.
Limitandoci, quindi, per ora ad una lettura approssimativa e riconoscendo che nelle oltre 130 pagine del Rapporto i temi trattati sono sicuramente decisivi, restano molte domande aperte e qualche perplessità:
assunzioni
- come è possibile assumere l’impegno di 150mila assunzioni senza implicare il tema delle risorse finanziarie?
- come è possibile parlare di organico funzionale delle scuole, che comporta l’aumento del 10% di personale per far fronte anche al problema delle supplenze, cioè parlare di un aumento della spesa, proprio in periodi dove abbiamo sentito fin’ora la necessità di provvedere a tagli e risparmi di spesa pubblica ?
rapporto tra scuola e lavoro
- come è possibile parlare di adesione al modello tedesco se quello prevede la doppia frequenza, a partire dai 14 anni, della scuola e del lavoro in azienda e questa misura nel Rapporto non è prevista?
- come si può parlare di “aumento di ore in azienda” per gli studenti degli Istituti Professionali e Tecnici. ( come mai si escludono a priori i Licei?) con un passaggio da “
governo delle scuole
- come si fa a confermare come ottimale la previsione, prevista dalle ultime norme, di formare i futuri dirigenti scolastici che supereranno le prove di selezione del prossimo concorso statale attraverso la frequenza della nuova Scuola della P.A., quando la funzione del prèside oggi necessaria per una scuola che si vorrebbe ‘buona’ non può che attingere, anche , a competenze relazionali, pedagogiche e direttive da formare?
‘Tutto questo è solo un esempio. Per ora è solo sulla carta. Adesso dobbiamo fare in modo che diventi reale in tutto il Paese’ : così viene chiarita la natura del Rapporto ‘La Buona scuola’ nell’ultima sua pagina.
Noi siamo disponibili a collaborare e costruire, purchè il Rapporto non resti un libro dei sogni e si vedano fretta le gambe con le quali camminare e le mani con cui operare. Con responsabilità e tempismo.
A una sola condizione: che prevalga in tutti, politici, uomini e donne di scuola ed operatori, nel metter mano all’impresa cui chiama il Governo Renzi, la consapevolezza che tutto deve essere pensato e realizzato affinchè si realizzi l’io di ciascun giovane, anche a scuola. Quella consapevolezza che, parlando di sé, ha testimoniato Sua Santità Francesco nell’incontro con il mondo della scuola il 10 maggio a Roma: “Sappiamo bene che ci sono problemi e cose che non vanno, lo sappiamo. Ma voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo
Adulti veri per una buona scuola.
Milano, 3 settembre 2014 Ufficio stampa DiSAL
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