Le Commissioni VII Istruzione sia del Senato (a partire da lunedì 26/9) che della Camera dei Deputati (a partire da mercoledì 28/9) hanno avviato le audizioni di sindacati e associazioni professionali sullo Schema di decreto del Ministro Moratti per la riforma del secondo ciclo.
Gli ultimi eventi, dopo la bocciatura ed il rinvio al 2007/2008 ottenuto dalla Conferenza Stato- Regioni, rendono incerti i destini di questo testo, affidato all'esito delle prossime elezioni politiche ed al futuro Ministro.
Anche DiSAL è intervenuta alle due audizioni presentando lunedì 26 al Senato e giovedì 29 alla Camera il documento che segue oltre ad una analitica proposta di riscrittura dello Schema di Decreto.
Di.S.A.L.- Dirigenti Scuole Autonome e Libere
Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie – Ente qualificato dal Miur alla formazione
Milano, 26 settembre 2005
Anche per lo Schema di decreto legge per le norme generali del secondo ciclo secondo la legge 53/03 il nostro breve contributo scaturisce purtroppo (e sottolinea questo rammarico) da una valutazione sostanzialmente negativa del testo e dei suoi allegati, in particolare degli indirizzi di studio e dei quadri orari.
Premetto che non conosciamo per fonte diretta gli ultimi impegni assunti dal Ministro con i rappresentanti di Confindustria, che prima ha collaborato alla stesura del decreto nella sciagurata versione di gennaio 2005 e poi ha per fortuna cambiato idea accorgendosi della dissoluzione a cui avviava tutta l’istruzione tecnica. Il testo attuale e gli allegati hanno, secondo noi rispetto a quello di gennaio, pochissimi passi avanti
Comincio dalle uniche positive novità:
- la scelta di un decreto che si occupa di ordinamento e non di gestione;
- la possibilità di unificare i due sistemi formativi nelle stesse sedi scolastiche (la proposta “campus”). Ritroviamo quì la proposta che presentammo già agli Stati generali del 2001, alle prime audizioni parlamentari ed a gennaio di quest’anno al Ministro, per lasciare alle istituzioni scolastiche autonome, nell’ambito della programmazione regionale, la scelta della propria caratterizzazione formativa;
- rispetto ai quadri orari la scelta di inserire distinzioni tra gruppi di discipline, di indicare l’orario con il metodo del monte ore annuale e di individuare almeno in linea teorica alcune attività di laboratorio.
Qui finiscono le valutazioni positive. Per tutto il resto lo schema di decreto in linea generale è un ritorno alla filosofia del Progetto Brocca e della proposta Berlinguer, credo con notevole loro soddisfazione. Lo schema è una divaricazione totale dallo spirito originario della legge 53 che ha delineato la riforma. Per questo, ammesso che con il prossimo Governo (visto che l’attuale ha iniziato pressoché dimissioni anticipate) si resti nel quadro delineato da questo schema di decreto, ci allontaneremo sempre più da un cambiamento reale della secondaria di secondo grado e quindi dagli interessi reali, dai bisogni educativi e culturali dei giovani.
Sommariamente ed in relazione alle scelte dello Schema queste le nostre motivazioni di un simile drastico giudizio.
1) l’abbandono di fatto dell’unica vera novità della riforma Moratti, cioè la rinuncia a costituire nel tempo un forte sistema dell’istruzione-formazione professionale. Si sceglie, come quasi tutti vanno ripetendo, per una liceizzazione generalizzata, con la conseguenza che questo sistema o produrrà dispersione oppure darò luogo a un crescente abbassamento della qualità. Questo si vede nel permanere in forma dettagliata degli indirizzi articolati, un liceo tecnologico frantumato e quindi inesistente, la rigidezza di indirizzi e organizzazione didattica disperde il grande patrimonio professionale degli istituti tecnici. Le attività di laboratorio sono solo nel triennio, togliendo al biennio ogni possibilità di coniugare teoria e pratica. Nei trienni poi le 3 o 5 ore settimanali ad unico docente teorico sembrano sostituire le 15 ore mediamente dedicate ad attività di laboratorio nei trienni tecnici con l’ausilio di un insegnante tecnico-pratico. In generale allo schema manca (come da tempo) una seria e robusta visione di “cultura del lavoro”. La tendenza all’”intellettualismo formativo” si nota poi nella totale impossibilità di inserire nella quota oraria nazionale le attività di alternanza scuola-lavoro che sono assolutamente preziose anche nel sistema dei licei. L’istruzione professionale resterà nell’attuale serie B, se va bene.
2) la mancata individuazione di un corpo di discipline essenziali per tutti nel sistema dei licei e di assi culturali caratterizzanti i singoli indirizzi, desumibile dal proliferare delle discipline e dal polverizzarsi del quadro orario. Il quadro orario proposto comporta per gli attuali licei classici e scientifici un aumento in prima del 20 % dell’orario. Se poi si aggiungono le 3 ore opzionali l’aumento è del 32 % dell’orario attuale. Un esempio della scelta contraria di quella fatta nel ciclo primario.
Seguendo la nefasta propensione ad aggiungere discipline teoriche, che ha caratterizzato progetti sperimentali passati, si giunge nei bienni mediamente a 14 materie (17 nel secondo biennio), con piani di studio quinquennali dalle 30 alle 36 ore, a fronte delle 9 discipline del liceo scientifico attuale, con piani di studio dalle 25 alle 30 ore quinquennali.
Chi invece ha seriamente sperimentato ad esempio il progetto Brocca è giunto in pochi anni a ridurre fino a 11 materie ed a non più di 27 ore la media dei curricoli.
Ad avvicinare il “disegno” di scuola superiore proposto a precedenti progetti è l’eccessivo numero di discipline e l’alto numero delle ore, almeno stando sempre ai primi quadri orari ed ai documenti ufficiosi circolanti. Come dicono i salesiani “la quantità di materie (e il numero di ore) premia i docenti, non gli studenti ed è in contrasto con la centralità dello studente, riconosciuta dalla legge delega.”
Questa scelta conduce poi a materie “filiformi”, ad infarinature generiche e, letta a partire dalla conoscenza dell’attuale situazione giovanile e delle scuole in genere, comporterà l’inevitabile conclusione di abbassare gli standard’s finali di istruzione per poter permettere agli studenti di restare a scuola ed ai docenti di non aumentare la dispersione scolastica. Si prepara cioè il destino seguito da quelle riforme che hanno creato un percorso di secondaria di secondo grado pressoché uguale per tutti: l’aumento della dispersione, l’abbassamento dei livelli di istruzione, l’espulsione sociale delle situazioni giovanili di difficoltà.
3) salvo gli enunciati di principio la mancata fiducia reale nell’autonomia delle istituzioni scolastiche desumibile sia dai quadri orari che dallo schema di decreto, per l’autonomia didattica e per quella organizzativa. C’è paradossalmente meno autonomia che per tutto il primo ciclo riformato.
Lo spazio lasciato all’autonomia didattica ed organizzativa delle istituzioni scolastiche invece di crescere si limita a 3 ore settimanali (e 6 all’ultimo anno).
Occorreva invece il coraggio (come in altri sistemi europei) di accrescere oltre il 30 % le opzioni disciplinari caratterizzanti gli indirizzi ed al 10 % le opzioni fatte dagli studenti.
4) l’esame di stato rimane nella sostanza immutato. La scelta per un ultimo anno come momento di approfondimento di indirizzo (come nel modello tedesco) si gioca tutta nello spazio di autonomia della scuola e di scelte dello studente. Invece di fatto il tutto sembra ridotto a 3 ore settimanali, al pari di una disciplina di studio.
Ringrazio della vostra disponibilità, pur in presenza di un percorso rinviato a future scadenze politiche.
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