Documento finale del Convegno nazionale DiSAL 2005


 

 

Di.S.A.L.-Dirigenti Scuole Autonome e Libere

Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie – Ente qualificato dal Miur alla formazione

 

 

Documento finale del Convegno nazionale DiSAL Pesaro 2005

 

Manifesto

“Riprendiamoci l’autonomia, in un libero movimento di reti di scuole autonome e libere”

 

1.

 

Si è svolto a Pesaro dal 17 al 19 novembre il Convegno nazionale  di DiSAL sul tema "L’autonomia abbandonata ? Direzioni di  scuole a confronto”.  La ricchezza delle relazioni ed una esperienza reale di “compagnia al lavoro”  hanno consegnato a tutti i partecipanti idee e motivazioni per affrontare la professione dirigente in modo più umano e culturalmente adeguato alla realtà ed ai bisogni della scuola. La tensione di tutti a  mettere in gioco il senso e la direzione della propria professione ha guadagnato un esito che ha superato le attese: la riscoperta di una esperienza associativa che potenzia ed esalta la libertà personale.

 

Il lavoro di gruppo, occasione effettiva di solidarietà professionale sui problemi quotidiani, favorendo la condivisione di giudizi e la ricerca di modelli, è stata ulteriore conferma dell'intuizione originaria di DiSAL come compagnia di dirigenti in azione affinché la scuola sia più scuola.

 

La presenza infine di dirigenti di scuole statali e non statali di ogni ordine e grado si è rivelata una risorsa preziosa: non solo ha favorito il confronto tra modelli organizzativi diversi, ma ha accresciuto la consapevolezza che il pluralismo delle scuole è ricchezza per tutto il sistema scolastico nazionale.

 

 

2.

 

Il tema discusso al Convegno è da anni centrale nel dibattito europeo ed internazionale sul cambiamento dei sistemi formativi.  In Italia una seria riflessione è però ridotta a ristretti ambiti di  addetti ai lavori ed il cammino dell’autonomia scolastica, abbandonato dopo gli anni ’90, rimane fortemente ostacolato nonostante l’importanza di ben due riforme costituzionali.   Infatti il centralismo statale fatica a fare passi indietro; settori dell’Amministrazione scolastica proseguono (come nell’ultima circolare sul portfolio) nel voler dettare norme centrali alle istituzioni scolastiche autonome; molto sindacalismo, rispecchiando diffuse vedute corporative della docenza e della dirigenza, combatte da tempo le necessità del cambiamento, da qualsiasi parte venga.

 

E’ pur vero che il cammino della autonomia scolastica era già viziato nell’art. 21 della legge 59/97  dall’esclusione della riforma del reclutamento dei docenti e dirigenti statali.  A poco sono valsi in tale senso i recenti coraggiosi pronunciamenti delle Commissioni Cultura di Camera e Senato.  A quel vizio d’origine  si sono aggiunti negli anni la mancata attuazione di un reale sistema pubblico integrato tra tutti i soggetti sociali dell’offerta formativa, statali o paritari, così come il significativo abbandono della riforma degli organi di governo della scuola.

 

Ma al Convegno di Pesaro il dibattito ha mutato questa prospettiva di partenza, riassunta nel titolo, così da far emergere invece l’urgenza di passare dal “Grande Lamento”  spesso fondato e sacrosanto, alla riaffermazione che l’autonomia trova la sua origine e giustificazione innanzitutto nel gesto libero della persona, capace di riconoscere e comunicare il senso della propria iniziativa e  responsabilità.  Senza nulla togliere ad una battaglia, sulla quale DiSAL intensificherà il proprio impegno  per una autonomia scolastica vera “madre” di tutte le riforme, l’unica prospettiva affinché essa non rischi di non vedere mai le proprie “figlie” crescere, è che si affermino nella scuola persone capaci di assumersi da subito le proprie responsabilità, presenze positive e ricche di proposte da condividere con tutti.

 

Nelle giornate di Pesaro ha preso sempre più risalto quanto ricordato da Rosario Drago durante il  Meeting di Rimini, che in agosto aveva anticipato il tema del convegno: “L’autonomia (forse voluta da pochi)  serve a restituire dignità a insegnanti e presidi”.   Infatti dirigere scuole autonome è innanzitutto rispondere, insieme con i docenti,  con tutta l’intelligenza e la novità necessarie, ai bisogni reali dei ragazzi, delle loro famiglie e delle comunità sociali cui appartengono.  

E’ emerso con chiarezza cioè che l’autonomia scolastica, lungi dall’essere valore proprio, è lo strumento più adeguato alla dignità delle professioni della scuola ed all’esercizio della libertà educativa delle famiglie.

 

Questo, è il caso di ribadirlo, intensificando contemporaneamente una seria battaglia civile e politica per riprendere il cammino bloccato dell’autonomia.  Ma in questa scuola disastrata dove, insieme a molte energie positive imperversano ancora purtroppo ideologie e corporativismi,  l’autonomia occorre che innanzitutto se la riprendano coloro che vogliono vivere con dignità le professioni educative.  In tal modo nella scuola italiana anche il principio di sussidiarietà diventerà non una semplice rivendicazione istituzionale, ma il riconoscimento della necessità di investire sul ”capitale umano” di chi impara, di chi insegna e di chi dirige.

 

 

3.

 

L’autonomia scolastica è dunque restituzione del governo della scuole alla comunità locale ed alle formazioni sociali che la costituiscono,  così come previsto dalla Costituzione.

Concretamente la scuola italiana avrà beneficio dall’autonomia se:

 

- vedrà lo Stato ritirarsi progressivamente,  insieme a tutti i suoi apparati centrali ed Enti locali, per rendere effettivo il riconoscimento istituzionale iniziato con la Bassanini, ma rafforzato in modo nuovo da entrambe le riforme costituzionali degli artt. 117  e 118;

 

- si attuerà, sulla base del “costituzionalizzazione”  nel nuovo art. 118, con l’attribuzione dell’autogoverno delle istituzioni scolastiche alla autonomia sociale della comunità cui appartiene, superando l’autonomia funzionale introdotta  dalla Bassanini, che lascia le scuole ancora ad essere terminali decentrati dello stato.  Infatti pur dopo la legge 59/97  le scuole hanno vissuto di più e pesantemente il decentramento come “scaricamento” di nuove funzioni senza attribuzione di nuove potestà o risorse;

 

-  sarà governata e progettata da effettivi organismi di gestione  della scuola, non più basati sul corporativismo, ma sulla competenza e sulla potestà amministrativa delle istituzioni scolastiche singole o associate. Nuovi organismi dove ognuno possa fare fino in fondo la propria  parte,  eliminando per via legislativa l’attuale stato di confusione di competenze, fonte continua di conflittualità dentro e fuori le scuole;

 

- accrescerà l’autonomia curricolare ed organizzativa, dei piani di studi e del tempo scuola, tornando all’ispirazione originaria della riforma Moratti, da noi pienamente condivisa ma oggi tradita nei decreti e nelle circolari come quella sul portfolio. L’intento originario consisteva nell’indicare alle scuole in forma essenziale gli orizzonti didattici e gli spazi organizzativi affinchè insegnanti, dirigenti e famiglie costruissero  offerte formative rispondenti alle attese locali e capaci di far ri-avvenire un nuovo incontro tra i giovani e la cultura, tra le loro domande umane ed educative più vere ed il sacrificio della ricerca e dello studio;

 

- giungerà finalmente, come avviene in tutti i municipi, gli ospedali e le ASL  alla assunzione diretta di dirigenti, docenti e non docenti da parte delle istituzioni scolastiche autonome singole o associate, attuando quanto raccomandato dalla recente  coraggiosa presa di posizione delle Commissioni Istruzione di Camera e Senato;

 

- porterà con sé l’assegnazione di tutte le risorse finanziarie direttamente alle istituzioni scolastiche autonome, abolendo gli inutili passaggi di spesa dai CSA provinciali e dalle Direzioni Regionali, trasformando questi livello in semplici, effettivi ed operativi centri  di supporto ai servizi amministrativi comuni alle scuole;

 

- farà cessare l’antiquata  distinzione  tra scuole statali e paritarie, affinché una sana “competizione” , valutata da sistemi efficienti, faccia bene a tutti;

 

- sarà arricchita e valorizzata da reti di scuole liberamente associate tra loro, per progetti, servizi, scambi di “buone pratiche” nate dalla capacità di una riflessione critica sull’esperienza. Non certo attraverso associazioni uniche o monopolitische, che rischiano di diventare nuovi carrozzoni o nuove burocrazie.  Lo strumento delle reti invece potenzierà l’autonomia delle scuole, le renderà protagoniste di urgenti alleanze educative nella comunità locale, permetterà loro di interloquire da pari con gli Enti locali ai vari livelli;

 

- porterà con sé una figura di dirigente scolastico che, sulla base delle indicazioni generali dell’organo di autogoverno, possa esercitare  una effettiva direzione educativa, culturale ed amministrativo della scuola.   Solo da qui nasce la convinzione che:   le reggenze di istituti vacanti saranno nocive alla professione ed alla qualità della scuola;  l’ingigantimento degli istituti scolastici voluto da chi mira alla riduzione dei posti dirigenziali trasformerà il capo di istituto in un “burotecnocrate”;   una valutazione,  necessaria e vitale per la scuola,  sarà utile solo se applicata a tutte le componenti professionali e non solo ai capi di istituto, che in questo momento possono effettivamente rispondere, nelle scuole statali, di un margine molto limitato di risultati;

 

- riuscirà a giungere fino all’abolizione del valore legale del titolo di studio, vera condizione per valorizzare appieno la capacità formativa delle scuole manifestata nell’effettivo livello di conoscenze e capacità acquisite dagli studenti.

 

Per questo tipo di scuola autonoma e libera, costituita da persone capaci di rischio educativo ed associate tra loro, è necessario ed urgente l’impegno di tutti, impegno che costituisce il cuore stesso di DiSAL,  che si attende dai responsabili politici e dalle istituzioni dello Stato pari impegno in risposte adeguate alle urgenze della scuola italiana.

 

Pesaro, 30  novembre 2005

 

 

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