Istruzione Tecnica e Professionale: le proposte DiSAL


Pubblichiamo la proposta presentata da DiSAL al Forum delle Associazioni Professionali dei docenti e dirigenti della scuola (FONADDS) sull'art. 13 del decreto legge Bersani, proposto del ministro Fioroni per la riforma ed il rilancio dell'Istruzione Tecnica e Professionale. 

 

Di.S.A.L.- Dirigenti Scuole Autonome e Libere

Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie – Ente qualificato dal Miur alla formazione

 

 

Milano 19 marzo 2007 – Contributo al Forum Associazioni (FONADDS)

La riforma dell’Istruzione Tecnica e Professionale

 

1.  L’indirizzo generale dato dal ministro Fioroni di riordino dell’istruzione tecnica e professionale così come viene orientato dalle indicazioni dalla legge finanziaria 2007 e attuato dall’art. 13 del decreto legge Bersani ci trova positivamente concordi e convinti, non solo perché si contribuisce ad invertire l’attuale deleterio processo di liceizzazione della secondaria superiore, ma soprattutto perché tenta di riportare questo fondamentale settore dell’istruzione e formazione (come era nell’originario disegno della riforma Moratti) alla sua peculiare funzione, dopo i decennali inseguimenti liceistici percorsi dagli istituti tecnici e degli istituti professionali.

 

2. La vera sfida, nella scritture di decreti e regolamenti, sarà quella di procedere effettivamente nella direzione (sempre indicata dalla riforma precedente) del riconoscimento della pari dignità di un percorso liceale e di un percorso che si rapporti e dialoghi col mondo del lavoro. Siccome proprio questa seconda finalità è dichiarata non solo nelle intenzioni ma anche nei testi di legge, siamo disponibili, come facemmo agli inizi della precedente riforma, a collaborare al raggiungimento di questo obiettivo cruciale per la scuola italiana, che per troppo tempo, nonostante le gloriose esperienze degli istituti tecnici e di molti professionali, ha spesso guardato e guarda tutt’ora al lavoro con diffidenza e lontananza. Ancora oggi, diversamente da molte nazioni europee, il rapporto con il mondo del  lavoro (basti pensare agli stage ed ai tirocini) è lasciato al volontarismo delle scuole.  Il tutto è frutto non solo di una eredità culturale idealistico-gentiliana di subalternità di scienza e tecnica alla cultura umanistica, ma pure di molto deformato marxismo che ha sempre guardato con diffidenza tutto quanto è “azienda” o “impresa”. La vera sfida è quella di ridare valore formativo e nobiltà umana al lavoro in tutti i sensi,  secondo la grande tradizione formativa benedettina e del cattolicesimo sociale dell’ottocento.

 

3.  Non possiamo tuttavia nascondere che  la prospettiva della proposta complessiva delineata dall’art. 13 della proposta di legge Bersani dia adito a  due pressanti preoccupazioni.

a. L’inserimento degli istituti professionali quinquennali all’interno del sistema dell’istruzione secondaria statale, col conseguente venir meno della possibilità di conseguirvi il livello della qualifica triennale, peserà negativamente sulla fascia di popolazione giovane più debole. Se si tiene conto inoltre che  solo poche Regioni sono in grado di offrire un percorso di formazione professionale adeguata il rischio di incrementare l’insuccesso scolastico e quindi l’emarginazione giovanile è evidente. Non solo quindi vanno mantenuti i percorsi di qualifica triennale, ma favoriti i rapporti tra gli istituti e tutte le strutture formative accreditate che hanno dimostrato di saper adeguatamente recuperare anche i casi più marginali di esclusione sociale.

b. La rinuncia a fare seriamente i conti con il dettato del Titolo V della riforma costituzionale ed il conseguente permanere di tutta l’istruzione tecnica e professionale in ambito statale, pur se paradossalmente voluto da diverse Regioni o motivato da mancati sviluppi in queste di adeguati sistemi formativi, procurerà danno alla capacità del necessario rapporto con il mondo del lavoro e di stretto legame con le sue vocazioni territoriali. Inoltre questo viene a ridurre la formazione professionale regionale in una condizione ancora più residuale dell’attuale.

 

4. Quanto affermato invece come intenzione  deve trovare un organico e pratico sviluppo nelle norme applicative.

a. Certo il percorso tecnico-professionale va semplificato e rinnovato negli indirizzi e  curricoli, per meglio identificarlo e  differenziarlo dal percorso liceale con cui negli anni novanta si è in gran parte assimilato.

b. Va effettivamente ridotto il numero delle discipline ed il monte ore curricolare annuale specie dei professionali (dove non si deve valicare il massimo delle 36 ore) con scelte però di identificazione di discipline e attività caratterizzanti, con aumento della laboratorialità e del tirocinio ma non certo con la scelta attuale di ridurre semplicemente organico e area di professionalizzazione.

c- Va gradualmente ma pienamente attuato il decentramento del sistema dell’istruzione tecnico-professionale, utilizzando il metodo spagnolo del passaggio “su richiesta” delle Regioni, con sistemi di incentivi a quelle che si rendono via via capaci di legiferare in materia.

d. Va favorito un più stretto rapporto tra scuola, territorio e imprese. I percorsi scolastici vanno innovati e resi sempre più vicini alle nuove esigenze professionali; vanno garantite modalità come l’alternanza scuola lavoro, tirocini, stage, che non possono più essere lasciati alla buona volontà e mendicanza delle scuole, ma ordinati per legge con precisi obblighi e incentivi per le imprese.

e. va reintrodotta e potenziata la figura del docente tutor quale garante di uan attenzione della scuola ai percorsi personalizzati e differenziati per gli studenti in relazione alle diverse attitudini ed ai diversi stili cognitivi,

e. Nell’ottica di istituti scolastici tecnico-professionali del secondo ciclo come veri e propri “campus” formativi che arrivino a gestire percorsi di tre, quattro, cinque e sette anni, va sempre tenuta aperta la possibilità di passaggio attraverso appositi percorsi condivisi tra i vari tipi di istruzione e formazione: tra licei e istituti tecnico-professionali e tra formazione professionale e istruzione secondaria superiore. Questo sarà possibile attraverso un sistema  di certificazioni di competenze comuni da acquisire nelle  varie realtà in cui si declina l’intero sistema di istruzione superiore e di formazione.

 

5. L’elemento chiave del riordino diventa la piena attuazione della autonomia delle istituzioni scolastiche, con:  il potenziamento dell’autonomia didattica fino ad una quota almeno del 30% del curricoli; la totale disponibilità del budget assegnato ai Consigli di Amministrazione con il semplice parametro pro capite, salvo le necessarie perequazioni;  la possibilità di progetti cofinanziati con le imprese; la possibilità di sperimentare una quota di reclutamento diretto di esperti, fino a giungere al reclutamento diretto sul territorio di tutto il personale.

Da questo punto di vista, poiché la possibilità di creare consorzi per l’istruzione superiore è giù attualmente normata, va invece incentivata con accessi diretti ai fondi sociali e l’attribuzione anche a questi delle agevolazioni riconosciute alle Fondazioni.

 

 

                                                                 Per la Direzione

                 Roberto Pellegatta – presidente      Luigi Boscolo – rappresentante al FONADDS

 

  

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