Rapporto MEF: stop all’egualitarismo. Pagare il merito a scuola


da LASTAMPA.it   -  4 gennaio 2008
Il sistema d’istruzione italiano spende troppo
Si va verso incentivi mirati, ma i sindacati preparano lo sciopero
ROMA
Per il mondo della scuola si prospetta un inizio d’anno agitato: alla quasi assenza di fondi stanziati dal governo per coprire l’indennità di vacanza contrattuale del biennio 2008-09, si è aggiunto il severo giudizio di fine dicembre della commissione tecnica per la Finanza pubblica sulla efficienza delle pubbliche amministrazioni.   Dal rapporto, già consegnato al ministro dell’Economia e delle Finanze, risulta che il sistema d’istruzione italiano spende troppo per ogni studente pur avendo un numero di docenti altissimo.  Il nostro modello di scuola sarebbe contrassegnato da «difficoltà serie di organizzazione e gestione del servizio: dalla programmazione degli organici e della mobilità dei docenti - si legge nel documento - alla gestione della rete scolastica in rapporto con altri livelli di governo, fino alla mancanza di sistemi di valutazione delle scuole, dei docenti e dei dirigenti scolastici».   In sostanza in Italia per la scuola si investe male rispetto agli altri paesi dell’area Ocse, tanto che i risultati (come confermato dai recenti risultati Pisa 2006 da cui risulta che in fatto di competenze i nostri studenti sono 38simi su oltre 50 paesi considerati) sono decisamente inferiori.
Il risultato è che con la finanziaria 2008 è stato deciso di introdurre nuove misure di «razionalizzazione» da spalmare fino al 2011: ancora una volta, e possibilmente meglio del 2007, auspicano dal ministero dell’Economia sulla base del rapporto della commissione di valutazione dell’efficienza della Pa, il dito viene puntato sul cattivo rapporto docenti-studenti e quindi sulla necessità di ridurre gli organici.  Solo così si potranno reperire le risorse (al momento concentrate per oltre il 95% sul fronte degli stipendi del personale) da convogliare sul potenziamento degli istituti e soprattutto sulla valutazione dei docenti («sistemi premiali per i capi istituto e il corpo insegnante») che aprirebbe la strada degli incentivi per merito da più parti auspicata.  Il problema è che al momento dal governo non arrivano segnali, nemmeno minimi, per sedersi al tavolo con i sindacati e parlare di tutte queste novità senza limitarsi ad imporle dall’alto: rispetto ad almeno 2 miliardi e mezzo di euro che reclamano i rappresentati sindacali per tutta la pubblica amministrazione (per adeguare gli stipendi di 3 milioni e mezzo di dipendenti, quasi un terzo dei quali appartenenti proprio al ministero della Pubblica Istruzione) ne sono stati stanziati poche centinaia di milioni (esattamente come aveva fatto il governo precedente quando aveva approvato la finanziaria del 2006).
Un ordine esplicito in questo senso arriva anche dal ministero della Funzione Pubblica da cui nei giorni scorsi sono giunte chiari segnali verso lo «stop ai compensi distribuiti a pioggia e via libera, invece, agli incentivi mirati».  La strategia è però fortemente osteggiata dai sindacati, i quali sono disposti a trattare sugli incentivi individuali solo dopo aver adeguato gli stipendi di tutto il personale (docente ed Ata) al livello d’inflazione: per questo motivo sono già scesi in piazza a fine ottobre ed i confederali Flc-Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola (con tutte le altre sigle pronte a subentrare) il 15 gennaio si sono dati appuntamento per decidere sul da farsi.  La netta impressione è che lo sciopero generale sia inevitabile: a meno che il governo non trovi i fondi per rinnovare il contratto e quelli per premiare i lavoratori più meritevoli. In tal caso però servirebbero non più solo i soldi per adeguare le buste paga all’inflazione, ma anche quelli per gli incentivi: uno sforzo vicino ai 4 milioni di euro che al momento non sembra neanche lontanamente proponibile.

 
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