Dirigenti Scuole Autonome e Libere
Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie - Ente qualificato dal MIUR alla formazione
Roma, 9 giugno 2008
Incontro tra il Ministro all’Istruzione on. Gelmini e le Associazioni professionali
A. Un patto per l’emergenza educativa
Abbiamo sostenuto da tempo, e ribadito ai candidati della recente campagna elettorale, che il nostro Paese ha drammaticamente bisogno di uscire dall’attuale emergenza, che prima di essere politica ed economica è educativa e culturale. Solo questa emergenza chiarisce l’urgenza di mettere mano ad un rinnovamento stabile della scuola per: favorire libere proposte educative, incoraggiare l’avventura della conoscenza e della cultura; sostenere chi sa rafforzare lo sguardo positivo dei giovani sulla realtà, così che la scuola possa tornare ad essere luogo di incontro con un significato per cui vale la pena affrontare le circostanze della vita, luogo dove si risponde alla domanda di istruzione ed educazione con esperienze in atto ed esempi di vita, prima che con discorsi o discipline.
Questo è possibile solo con un nuovo patto educativo tra scuole, famiglie, politica e istituzioni e con una coraggiosa “rivoluzione culturale” capace di abbandonare logiche centralistiche, corporative ed intellettuali per riconoscere e incoraggiare tutte le risorse personali esistenti e le formazioni sociali alle quali appartengono.
B. La scuola è priorità sociale
Troppo sommesso e trascurato è stato il posto riconosciuto dagli schieramenti politici a queste urgenze, che poche personalità in Italia riconoscono seriamente prioritarie per la stessa ripresa nazionale. In questo momento l’esempio deve venire dai partiti, che nei loro programmi elettorali debbono avere il coraggio – come hanno fatto altri leader europei - di indicare come assoluta priorità il rinnovamento della scuola, liberandola tutte le risorse positive dalle pastoie e dai corporativismi che da decenni bloccano lo sviluppo della scuola. L’attuale compagine governativa si trova, per questo, in una occasione privilegiata e quindi di forte responsabilità.
La scuola non ha bisogno oggi di megariforme, ma di libertà e autonomia, quindi di valorizzazione delle responsabilità professionali e sociali che vogliano collaborare. Il rinnovamento, infatti, degli ordinamenti e dei contenuti di insegnamento si otterrà non disegnando grandi sistemi perfetti, ma con norme chiare ed essenziali che sostengano e riconoscano ai vari soggetti in gioco compiti e responsabilità: alle famiglie la libera scelta della migliore scuola per i propri figli, agli insegnanti una professione fatta di competenze e merito, a chi dirige strumenti operativi per perseguire mete realistiche, al sistema in generale un clima di sana e regolata competizione.
C. Le priorità e le proposte
1. SUSSIDIARIETÀ E FEDERALISMO
L’autonomia scolastica, il Titolo V della Costituzione, la legge di parità sono un lascito positivo dell’ultimo decennio, che purtroppo ha visto anche il contraddittorio crescere di ritorni centralistici, persino regionali. E’ tempo di abbandonare il riformismo dall’alto, da ogni parte provenga, per creare le condizioni di un riformismo sussidiario, con la piena attuazione di quanto avviato, ridistribuendo tra Stato, Regioni e autonomie scolastiche statutarie le competenze relative al sistema di istruzione e formazione professionale. Questo dovrà comportare l’abolizione degli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali, con il trasferimento delle loro funzioni alle Regioni.
Inoltre, per le caratteristiche intrinseche alla libertà di cultura e di educazione, siamo poi contrari all’uniformità associativa delle istituzioni scolastiche e riteniamo istituzionalmente più efficace una struttura normativa che valorizzi reti di scuole liberamente associate, capaci di creare alleanze territoriali per progetti, servizi, scambi di “buone pratiche”.
2. AUTONOMIA
Non serve più un quarta riforma globale del sistema. La priorità sta nel portare a termine la “madre delle riforme”. Questo significa: * riconoscere alle attuali scuole statali l’autonomia statutaria; * assegnare a queste direttamente e senza vincoli tutte le risorse economiche necessarie per il personale, il funzionamento e l’edificio; * delineare norme semplici ed essenziali per un governo autonomo delle scuole attraverso Consigli di amministrazione che attuino una stretta collaborazione tra comunità scolastica e comunità locali; * transitare gradualmente - nel rispetto di regole condivise e abolendo il sistema delle graduatorie - a forme di reclutamento diretto di tutto il personale, attraverso concorsi di istituzioni autonome, come avviene per enti locali e istituzioni sanitarie. In questo modo le istituzioni autonome, vere e proprie “imprese sociali” dove sia possibile il “rischio dell’educare”, risponderanno della qualità del servizio alle comunità alle quali appartengono. Solo così, si otterranno i veri controlli sugli attuali sprechi di spesa, creando le condizioni per nuovi investimenti nell’istruzione da parte di tutti i soggetti interessati.
3. PARITÀ
La qualità della scuole esige che si prenda con decisione la strada della libertà, dando piena attuazione alla coraggiosa Legge 62 del 10 marzo 2000, che ha configurato un sistema nazionale di istruzione costituito da scuole statali e scuole paritarie, coerenti con la domanda formativa delle famiglie e caratterizzate da requisiti di qualità, valorizzazione del merito, attenzione alle difficoltà ed efficacia. A tutte va assicurata libertà di orientamento culturale e di indirizzo pedagogico-didattico. I cittadini che scelgono le scuole paritarie debbono ricevere lo stesso trattamento economico garantito a coloro che si iscrivono alle scuole statali, attraverso il sistema della “quota capitaria”, a cominciare da subito con gli eguali diritti economici per gli alunni diversamente abili. In questo modo, superando un irragionevole pregiudizio corporativo e conservativo, ci avvicineremo ai più moderni sistemi europei e occidentali in genere. Sarà così che una virtuosa e regolata competizione nel sistema educativo nazionale, unita al sostegno alle realtà più deboli, potrà innescare il miglioramento della qualità complessiva della formazione, oltre che attuare un risparmio ed un effettivo controllo della spesa.
4. COMPETENZE E VALUTAZIONE
La norma nazionale non dovrà più definire curricoli rigidi, ma unicamente standard essenziali relativi alle competenze-chiave da raggiungere e conoscenze irrinunciabili da conseguire al termine di un ciclo scolastico. Un insegnamento più personalizzato e flessibile, attento alla persona degli alunni, necessita della diminuzione degli orari e delle discipline obbligatorie, per lasciare alla responsabilità delle scuole la scelta di almeno il 40 % dei percorsi curricolari e la progettazione delle integrazioni.
La costituzione, a livelli nazionale e regionale, di una Autorità indipendente di valutazione esterna delle scuole, collaborativa nell’azione, trasparente e comunicativa nei risultati, aiuterà le scuole a migliorare e le famiglie ad esercitare una scelta libera e consapevole.
L’ingresso a scuola della totalità dei giovani, la fine dei bacini d’utenza, i timidi accenni di autonomia e di competizione anche tra le scuole statali hanno tolto, negli ultimi vent’anni, il velo alla pretesa uniformità delle scuole sui risultati dell’apprendimento. In questo modo è stato di fatto vanificato il valore certificativo dei titoli di studio terminali dei cicli di studio. Questi non sono in grado di dire la verità alle famiglie ed al Paese circa il livello di competenze effettivamente raggiunto. Quindi l’abolizione del valore legale del titolo di studio è una misura di verità e di trasparenza, un elemento di liberalizzazione che si deve al Paese.
5. PROFESSIONE DOCENTE
Una scuola autonoma e libera ha bisogno di professionisti capaci, meritevoli e motivati. La qualità umana e professionale di insegnanti e dirigenti, le forti motivazioni ideali personali tra i docenti, un alto livello della funzione direttiva ed un vivo rapporto con i referenti sociali esterni sono la condizione cruciale di una “buona scuola” e quindi di una “buona educazione”. A questo scopo sono urgenti misure per ridare a tutti una professione degna di questo nome, non più appiattita al ruolo impiegatizio, ma fatta di alta cultura, preparazione educativa, capacità organizzative, merito, carriera, valutazione delle prestazioni e diversificazione salariale.
Per questo risulta cruciale: * delineare per legge i caratteri della professione docente e dirigente; * limitare a cinque anni la formazione iniziale dei docenti, attualmente lontana dalla realtà dell’insegnare, collegando strettamente il livello universitario con le scuole, la preparazione teorica con lunghi tirocini sul campo; * passare con decisione ad un reclutamento di professionisti con concorsi interni da parte delle singole istituzioni scolastiche, come accade per gli altri Enti autonomi; * diversificare funzioni, carriere e salario in relazione al merito ed alle capacità; * riconoscere pienamente le associazioni delle professioni docente e dirigente; * trasferire al livello regionale le attuali rappresentanze sindacali di istituto che nelle scuole hanno incrementato conflittualità, confusione di competenze ed ostacoli alla responsabile iniziativa delle persone capaci e meritevoli.
La formazione in servizio poi deve cessare la prevalente assegnazione di spesa alle strutture centrali e periferiche, riconoscendo fondi alle scuole, agli enti universitari autonomi, alle associazioni professionali, con la responsabilità di dimostrare l’incidenza effettiva delle azioni svolte.
Per l’immediato risulta invece urgente la conferma di tutti i docenti attualmente in servizio, così da garantire la stabilità dell’offerta formativa, individuando nel frattempo strumenti per la completa stabilità dei posti a docente indispensabili per gli ordinamenti attuali.
6. PROFESSIONE DIRETTIVA
L’OCSE ha evidenziato la stretta correlazione esistente tra rendimenti degli studenti, selezione qualitativa dei docenti e capacità direttive nelle istituzioni. Una nuova figura di direzione educativa ed organizzativa delle scuole dovrà ricevere chiarezza di compiti e strumenti reali di esercizio delle responsabilità. Se la figura del capo di istituto è decisiva per una buona qualità della scuola, questa deve essere conseguita e favorita da: * un’alta formazione liberamente scelta a livello di master universitari con l’emanazione di standard di competenze; * un albo regionale con l’attenzione alle specifiche esperienze professionali; il pieno riconoscimento dell’associazionismo professionale; * l’istituto della vicedirigenza; * la potestà di scelta dei collaboratori e di utilizzare forme premianti e di incentivazione del merito; * la possibilità di carriera amministrativa e tecnica negli enti locali e nello stato; la possibilità, liberamente scelta, di mantenere ore d’insegnamento compatibili con la complessità della scuola; * l’affiancamento di una moderna figura direttiva dei servizi amministrativi dell’istituzione scolastica, dotata delle responsabilità, riconoscimenti e potestà necessarie; * la potestà di gestione ordinaria delle attrezzature e dell’edificio.
Mentre vanno abolite: l’istituto della reggenza; il dannoso ingigantimento di molti istituti; gli assurdi meccanismi per il reclutamento dei supplenti cause di gravi sprechi finanziari e di vanificazione della qualità del servizio; i centri di spesa provinciali e regionali trasformandoli solo in effettivi supporti di servizi amministrativi; la contrattazione di istituto trasferita a livello regionale
Si inizi il cammino verso una simile nuova figura direttiva con: l’emanazione di standard per l’alta formazione delle figure direttive; la possibilità, per le istituzioni scolastiche che lo decidano di sperimentare, nelle forme più corrette, concorsi interni per contratti triennali del Capo di istituto; l’indizione entro il 2008 di un ultimo e non più rinnovabile concorso ordinario regionale al fine di dare stabilità alla direzione delle scuole, con procedure semplificate, un forte tirocinio, la valutazione di specifiche esperienze professionali di settore.
7. SECONDO CICLO E ISTRUZIONE TECNICO-PROFESSIONALE
Tra gli ordinamenti urge l’avvio della riforma del secondo ciclo di istruzione, tornando all’impianto originario della legge 53/03. Ma, in questo settore, è cruciale la ripresa del valore formativo del lavoro ed rinnovamento deciso della istruzione tecnico-professionale. C’è in gioco l’avvio di una scuola capace di valorizzare le diversità, di sostenere le vocazioni attive, di contrastare la dispersione, che resta altissima, di diminuire i tempi lunghissimi della transizione dei giovani italiani al lavoro e perciò alla cittadinanza attiva. Ci sono regioni che hanno dimostrato nei fatti la positività di questa strada. Per questo serve un moderno sistema dell’istruzione e formazione tecnico-professionale, in linea con il Titolo V della Costituzione, in cui l’obbligo scolastico si possa assolvere stabilmente in una pluralità di percorsi di istruzione, formazione e apprendistato, arricchendo le prospettive con un nuovo sistema di Istruzione Tecnica Superiore, drammaticamente assente dal panorama formativo.
Un’ultima preoccupazione ci muove: le riforme che urgono alla scuola saranno possibili solo se cesserà la sciagurata contrapposizione frontale tra gli schieramenti politici, per iniziare invece un impegno comune a servizio della Nazione da parte di tutte le forze sociali e politiche di “buon senso” che desiderano liberalizzare il sistema educativo, ridare dignità alle professioni che vi operano, dando pieno sostegno a tutti coloro che vogliono assumersi pienamente il “rischio dall’educare”.
La direzione nazionale Di.S.A.L.
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