Maturità: un esame che ha terminato la sua storia


 

Maturità" al capolinea

Non era certo la prima volta che le prove d'esame della "maturità" finivano nel tritacarne dei media, ma una bufera così violenta non si era mai vista. Quasi uno tsunami, che ha indotto una parte della stampa e dell'opinione pubblica a chiedersi se non sia meglio fare a meno dello stesso esame, o almeno di un esame fatto in questo modo. Che costa tra l'altro alla collettività ben 183 milioni di euro, salvo (probabili) sforamenti

L'insistente appello per il ripristino della "serietà" nella scuola, lanciato dall'ex ministro Fioroni, e ripreso con forza dal suo successore Gelmini, è apparso improvvisamente banale, inattendibile, provenendo da un Ministero colto in fallo nel momento della sua massima responsabilità e visibilità pubblica. Di qui la solenne arrabbiatura dell'attuale titolare del Ministero, e l'immediata ricerca del o dei "colpevoli".

Ma al di là dei veri o presunti errori degli ispettori e dei tecnici, è la stessa, colossale macchina della "maturità", anzi dell'esame conclusivo degli studi secondari superiori, come un po' burocraticamente si chiama dopo la riforma Berlinguer, a mostrare  tutti i suoi limiti.

Già l'ex ministro Moratti aveva di fatto contribuito a indebolire il senso dell'esame, disponendo che esso venisse gestito dagli stessi insegnanti dei candidati, e trasformandolo così in una sorta di prova finale interna, seguita da uno scrutinio di fine d'anno, anzi di fine ciclo. E non è certo bastato il ripristino delle commissioni miste, reintrodotte da Fioroni nel 2007, a nascondere le crepe di un esame sempre meno credibile, i cui risultati, disaggregati per province, assegnano le votazioni più alte ad alcune zone del Sud, contraddicendo clamorosamente gli esiti delle indagini comparative internazionali, come dimostrato dal "1° Rapporto sulla qualità nella scuola" di Tuttoscuola.

La verità è che non è possibile garantire il massimo della accuratezza e della segretezza in presenza di 912 diversi indirizzi, di circa 700 "seconde prove" e di diverse migliaia di proposte di testi d'esame (200 solo per la prova di italiano nelle sue diverse tipologie), fatte da centinaia di diversi proponenti. In queste condizioni l'errore, ai diversi livelli, è sempre dietro l'angolo. Per questo, come sembra peraltro sollecitare lo stesso ministro Gelmini, il megamarchingegno va alleggerito, semplificato, ammodernato anche sul piano tecnologico. Ma è soprattutto la frastagliata geografia dei percorsi, indirizzi, sperimentazioni assistite, maxi, mini e quant'altro a richiedere una analoga operazione di riordino, alleggerimento, semplificazione.  


E se si puntasse su un esame di taglio internazionale?

Tra le proposte in campo c'è anche quella di sostituire l'esame con una procedura di certificazione dei risultati conseguiti dallo studente nelle diverse materie degli ultimi tre anni, assegnando come voto finale, per esempio, quello risultante dalla media delle votazioni riportate (qualcosa del genere si fa già in alcuni Paesi del Nord Europa). Una specie di "credito scolastico" ampliato.

Ma in Italia una soluzione del genere non è percorribile, perché è la stessa Costituzione a prevedere l'esame di Stato all'inizio o alla fine di ciascun ciclo (art. 33, comma 5).

E allora, visto che comunque in Italia l'esame alla fine del secondo ciclo si deve fare, un'opzione è quella di puntare su un ripensamento in chiave internazionale delle prove (che consentirebbe, fra l'altro, di migliorare le nostre classifiche nelle indagini comparative). Con una premessa: alla fine quello che conta veramente è l'effettiva preparazione degli studenti, primo obiettivo da perseguire.

Per andare nella direzione "internazionale" occorrerebbe intanto rivedere le modalità di svolgimento delle prove scritte, aumentandone eventualmente il numero, e ridurre sostanzialmente il "peso" di quella orale (che per molti rimane però lo strumento migliore per tirare fuori dal ragazzo quello che effettivamente ha imparato). La prova di italiano dovrebbe puntare (per tutti i candidati, non solo, come ora, per chi sceglie la prima tipologia) sulla verifica della comprensione del testo e sulla capacità di analisi e di riflessione. Sono troppi i testi sottoposti ai candidati: ne basterebbero due o tre, facendo a meno per esempio del tema storico.  La seconda prova è forse quella che richiede minori cambiamenti, perché in alcuni casi essa è già ora predisposta in forma problematica (matematica, materie tecniche), una forma che chiede allo studente di mostrare non tanto le sue conoscenze, quanto le sue competenze, cioè la capacità di utilizzare le conoscenze per affrontare il compito assegnato. Andrebbe incrementato e generalizzato questo aspetto.  E' la terza prova pluridisciplinare, però, quella che richiede un intervento più radicale. Per essere realmente significativa essa dovrebbe essere predisposta a livello nazionale (come ora avviene per la quarta prova dell'esame di licenza media), e non dalle commissioni d'esame, come decise il Parlamento al momento dell'approvazione della riforma Berlinguer, per un malinteso omaggio bipartisan all'autonomia delle scuole. Ai commissari d'esame dovrebbe essere fornita una griglia valutativa da utilizzare per la correzione.

Per evitare l'incredibile via vai dei pacchi contenenti le prove dal Ministero alle Questure, agli USP, alle scuole, i testi potrebbero essere comunicati alle sedi di esame via internet in tempo reale nei giorni fissati dal calendario, accompagnati dalle griglie valutative per gli esaminatori.  A queste condizioni, rendendo cioè le prove più oggettive e più simili a quelle che vengono assegnate nelle indagini internazionali, e limitando la discrezionalità valutativa delle commissioni, potrebbe essere possibile restituire credibilità e valore all'esame.


Ci vuole un controllo collegiale per le tracce

Lunedì scorso, all'antivigilia dell'esame di Stato, Tuttoscuola si poneva questo interrogativo retorico: "serve ancora l'imponente macchina da guerra della maturità?".

I fatti dei giorni successivi hanno fornito eloquenti risposte di cui gli errori dei testi sono stati l'indizio inconfutabile.  Gli errori sono sempre possibili, ma si possono adottare degli accorgimenti per ridurne la probabilità di accadimento.  Quella macchina da guerra che fondava la sua forza in modo ossessivo sulla segretezza e inviolabilità delle prove d'esame è stata vittima di questo imperativo categorico del top secret, al punto da rimettere ad una sola persona, la super ispettrice, la responsabilità del controllo definitivo.

L'assenza di un controllo collegiale, incrociato, ha aumentato la probabilità di errori nella pubblicazione dei testi. Il resto lo ha fatto la difficoltà di governare la macchina diabolica in condizioni rese ogni anno più complicate dal rincorrersi delle riforme (Berlinguer, Moratti, Fioroni) e delle sperimentazioni (maxi, mini, assistite, Brocca, Michelangelo ecc.: 912 indirizzi, di cui 636 sperimentali!).  Se il ministro Gelmini, come ha annunciato, vorrà rendere credibile e affidabile la nuova procedura della preparazione e della selezione delle prove, dovrà fondare il cambiamento sulla collegialità, prevedendo che nessun esperto resti solo e che nessuna prova selezionata non venga prima verificata e validata da un staff di elevato livello scientifico. D'altronde il segreto non si conserva restringendo il numero delle persone coinvolte ma puntando sulla crescita dei livelli di etica e di responsabilità sempre richiamati e mai effettivamente praticati e verificati.  E poi, come non pensare, in tempi di telematica e alta tecnologia a nuove procedure che integrino o sostituiscano il tradizionale plico cartaceo?   

Francia: Il "bac" compie 200 anni. E costa poco...

Mitico, ad alto valore simbolico, irrinunciabile istituzione repubblicana per alcuni; un rituale ma banalizzato omaggio alla tradizione per altri, comunque inaffondabile per tutti, il baccalauréat, la "maturità" francese, compie quest'anno due secoli di vita.

Creato per decreto imperiale il 17 marzo 1808, in piena età napoleonica, il bac coinvolge nella sessione in corso oltre 615.000 candidati, circa il 64% della classe d'età di riferimento.  Inizialmente il bac, come tutti lo chiamano, consisteva in una prova orale, che aveva la natura di un esame di ammissione all'università riservato a pochi candidati (ancora nel 1945 riguardava solo il 3% della classe d'età). Con il tempo, come è accaduto nel secondo dopoguerra anche in Italia e in tutto il mondo economicamente sviluppato, il bac ha coinvolto fasce sempre più ampie di giovani e si è differenziato in aree e indirizzi, finendo per acquistare una doppia funzione: di esame conclusivo degli studi secondari da una parte, e di prova di idoneità agli studi superiori (universitari e non) dall'altra.

I francesi si lamentano dell'eccessiva frammentazione del bac, che attualmente supera le cento tipologie di esame, distribuite in tre grandi aree (generale, tecnologica e professionale), ciascuna delle quali si articola in indirizzi (séries), particolarmente numerosi per l'area professionale. Nel 2007 il 53% dei diplomati ha conseguito il bac generale, il 27% il tecnologico e il 20% il professionale.

L'esame, come informa l'ultimo numero di Le Monde de l'Education (www.lemonde.fr/mde)  si svolge in 4.366 sedi, coinvolge 127.685 esaminatori e correttori degli elaborati (circa 4 milioni: in Francia le prove scritte sono più numerose che in Italia), che percepiscono un'indennità media di 1,67 euro per copia corretta. Il costo medio dell'esame per candidato è di 62,6 euro (circa 38 milioni e mezzo in totale): molto meno che in Italia, dove il costo preventivato dell'esame ha raggiunto quest'anno i 183 milioni di euro (se basteranno), che divisi per i nostri 497.000 candidati fanno un costo unitario di 368 euro.   (fonte: Tuttoscuola)

 
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