I dirigenti DiSAL scrivono al Ministro sull'avvio dell'anno scolatico


 

 

Dirigenti Scuole Autonome e Libere

Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie  - Ente qualificato dal MIUR alla formazione

   

 

 

 

Lettera aperta al Ministro Gelmini per l'avvio dell'anno scolastico

 

Milano, 13 settembre 2008

 

Gent. Ministro,

                        l’avvio di quest’anno scolastico porta con sé di nuovo speranze e promesse.  Speranze che nascono soprattutto dalla grande posta in gioco: l’avvenire di ragazzi e giovani, cioè il nostro stesso avvenire. Promesse sorte via via prima e dopo il costituirsi del nuovo Governo, con molte dichiarazioni e principi, in gran parte da noi dirigenti condivisi.

                        In particolare abbiamo letto l’invito da Lei formulato nella Commissione Cultura della Camera per  "una grande alleanza per la scuola che restituisca al paese la parola speranza".  Con più appassionata attesa abbiamo poi letto quanto da Lei dichiarato ai sindacati scuola, cioè la decisa convinzione che "la scuola non può essere considerata solo uno dei capitoli del bilancio dello Stato, ma va recuperata interamente alla sua dimensione di risorsa strategica per il Paese". Infatti da buone scuole dipende il futuro del nostro Paese: non vi è quindi risorsa più importante per coltivare la speranza di una Nazione per il proprio futuro.

                         Proprio per queste speranze e promesse non riusciamo a condividere alcune scelte fatte con i provvedimenti di avvio del nuovo anno, tra l’altro talune, a nostro parere, scritte con termini e concetti tecnicamente da rivedere.

 

1. Cittadinanza e Costituzione: decenni di esperienze di “educazioni” di vario genere ci hanno dimostrato che le serie problematiche educative (tra queste i fenomeni di bullismo) non si affrontano con nuovi insegnamenti. L’emergenza educativa necessita di testimoni credibili, capaci di proporre seri ed appassionati percorsi nella cultura. La necessità poi di conoscere adeguatamente la Costituzione può già trovare spazio nell’insegnamento della storia.

 

2. Abbiamo sempre condiviso l’urgenza di ridare serietà alla scuola italiana. Riassegnare vigore alla valutazione del comportamento potrebbe essere uno strumento utile.  Ma la stesura dell’articolo sul voto di condotta non dà attuazione a questa intenzione. Si tratta di piani diversi: valutare preparazione culturale e competenze acquisite è ben diverso dall’affrontare con serietà e rigore infrazioni disciplinari e comportamenti devianti. La soluzione proposta dall’articolo ottiene il risultato opposto all’intenzione, sia come computo nella media dei voti, sia nell’ulteriore abbassamento della soglia per la non ammissione alla classe successiva, ma soprattutto nell’evitare il più sostanziale problema della qualità culturale e didattica che la scuola deve perseguire. “Educare insegnando”: in questo crediamo, e non nell’”insegnare educando”.

 

3. Voti e giudizi nella scuola primaria e secondaria di I grado non fanno enorme differenza. Credere di rendere seria la scuola rimettendo i voti numerici, facilita l’affidarsi alle magiche illusioni degli strumenti, slegati in questo caso dalle competenze che si dovrebbero verificare.   Dopo anni di “riformismo” teso a trovare sempre nuovi strumenti per risolvere i mali della scuola, non riusciamo a comprendere che cosa ci sia di innovativo nel fotocopiare uno strumento di più di trent’anni fa. Possibile che non ci sia proprio un modo nuovo e migliore per ridare utilità formativa e validità didattica alla valutazione nella scuola del primo ciclo ?  Possibile che l’autonomia didattica attribuita alle scuole (che hanno ragionato di portfolio, di competenze e altro) non possa essere pienamente riconosciuta anche sulla valutazione ? 

 

4. Il problema del “maestro unico” va affrontato al di fuori di tante forzate e reciproche contrapposizioni. Ci pare di capire, da molte Sue dichiarazioni, che Lei non abbia preso le mosse da meri calcoli di tagli della spesa pubblica, richiesti in modo irrazionale dalla legge finanziaria, che così non colpisce i veri sprechi presenti nella scuola statale. Nel ridare importanza ad una figura di riferimento nella classe, chiediamo che si guardi alle migliori esperienze di questi anni.  Ci vorrà il coraggio di riproporre figure di tutorato, lasciando alle istituzioni scolastiche autonome le concrete scelte di modelli didattici ed organizzativi adeguati alle comunità locali nelle quali sono radicate, limitandosi o a formalizzare sul piano della norma la prassi introdotta dalle circolari applicative della leggi 148/90, 53/03 e del D.Lgs 59/04 con la figura del maestro prevalente, o semplicemente stralciando tutto l’art. 4 per avviare contemporaneamente un serio scambio di esperienze ed una attenta verifica di risultati ottenuti con i modelli in atto.

 

5. Non possiamo che rallegrarci nel vedere messa in discussione l’infelice esperienza delle Scuole di formazione dei docenti. Ma la norma introduce uno stato di confusione ed una grave incertezza. Il problema di una seria formazione iniziale dei docenti, legata strettamente alla pratica educativa e didattica, esige una proposta chiara, che comprenda anche la formazione alla scuola dell’infanzia e primaria, delineando da subito nuovi percorsi.

 

                        Nella speranza, alla quale Lei stessa ha più volte dato voce, di un dialogo più intenso della politica con le esperienze ricche e le forze positive presenti nella scuola reale, Le facciamo i migliori auguri per l’importante responsabilità accettata. Da appassionati alla scuola ci attendiamo che la politica tutta decida di investire con convinzione sull’educazione, come già fatto in altre avanzate nazioni occidentali, facendo lo sforzo di individuare elementi condivisi sui quali avviare il cambiamento necessario.

 

                                                                                            I dirigenti scolastici di DiSAL

 

per adesione

 

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