Piano programmatico: le osservazioni DiSAL alla Camera


 

Dirigenti Scuole Autonome e Libere

Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie  - Ente qualificato dal MIUR alla formazione

   

 

Audizione Commissione VII Camera dei Deputati – 21 ottobre 2008

in merito al PIANO PROGRAMMATICO presentato dal ministro Gelmini di concerto con il ministro dell'economia il 25/09/08 ai sensi dell’art. 64 c. 3 del DL 112/2008, convertito in L. 133/2008

 

 

1.  Ringraziando dell’invito, prendiamo le mosse da una precisazione: in vari documenti, negli anni, DiSAL ha documentato la necessità di una razionalizzazione del sistema scolastico italiano e della sua spesa, a condizione che questa scaturisca da una chiara immagine di futuro e moderno sistema della scuola italiana. Per procedere a questo va comunque chiarito che “razionalizzazione” non può significare né “diminuzione della qualità del servizio” né “diminuzione della spesa per l’istruzione”.

 

Ogni razionalizzazione del sistema scolastico deve seguire, a nostro parere, alcune direttrici:

- piena attuazione dell’autonomia scolastica prevista dalla riforma costituzionale;

- decentramento delle gestione del personale a livello regionale;

- avvio di un moderno sistema di scuola del secondo ciclo e di istruzione tecnica superiore;

- attuazione di una piena e regolata competizione nell’ambito del sistema pubblico integrato;

- valorizzazione delle professioni della scuola secondo il merito e le capacità.

Nonostante che queste direttrici siano più volte richiamati in forma di principi, anche attraverso il richiamo al “Quaderno bianco sull’istruzione” (cfr. Premessa), purtroppo le misure attuative del Piano presentato non seguono questi percorsi, né attuano, se non a tratti, una visione della scuola verso la quale si vuole transitare, per uscire dalla grave situazione attuale.

Il Piano, dopo i sopra esposti e totalmente condivisibili principi,  propone nelle sue tre parti, invece, un ampio ed articolato intervento di riduzione degli organici del personale ai fini (chiaramente dichiarati nel Piano) di una diminuzione della spesa dell’istruzione, proseguendo quanto già di fatto in atto da anni, sotto vari ministeri, con infelici esiti.

 

Per questo, dopo aver ricordato sinteticamente qui di seguito le proposte e le misure che DiSAL ritiene attuative delle direttrici sopra ricordate, ci limiteremo poi ad alcune proposte correttive, con il metodo che da anni, con i vari ministeri, siamo costretti ad utilizzare:  ridurre al minimo i danni derivanti dai provvedimenti proposti.

A fronte paradossalmente delle enormi polemiche attuali, per quanto riguarda le proposte del primo tipo, abbiamo rilevato un’ampia convergenza di quasi tutto l’associazionismo scolastico e di personalità che, ad esempio durante la campagna elettorale, hanno con esse sottoscritto appelli da tutti riconosciuti di “buon senso”.

 

Nell’esprimere però una valutazione complessiva non possiamo non tener conto del fatto evidente che il Piano sul quale si chiede un parere è lo strumento esecutivo di una legge già operante, che quindi non può essere più soggetta né a discussione né a modifica e che quindi proseguirà con il Piano la sua esecutività.

All’interno di questo limite, condividiamo con molti la convinzione di non essere di fronte a un progetto riformatore e anticipiamo comunque la convinzione che l’attuazione di questo Piano non farà che impoverire l’offerta formativa, portandoci, forse contro le intenzioni degli estensori, a proseguire il declino già in atto.

 

 

2.  L’attuazione delle direttrici sopra ricordate, per una razionalizzazione a servizio di un nuovo “disegno” di scuola capace di rispondere alle urgenze formative, dovrebbe dirigere un Piano di revisione complessiva del sistema verso:

- autonomia con:  veri organi di governo delle scuole;  definizione dei livelli essenziali di apprendimento terminali; reclutamento diretto dei professionisti e del personale da parte degli istituti;  dirigenti scolastici messi in grado di rispondere dei risultati; drastica riduzione di norme;

- decentramento con:  assegnazione degli uffici scolastici regionali e provinciali alle Regioni, con l’eliminazione di tutti gli uffici ministeriali con competenze di gestione e la rispettiva assegnazione della gestione di tutto il personale della scuola alle Regioni, unitamente all’impegno del loro trasferimento alle istituzioni scolastiche autonome;

- secondo ciclo (secondo la prima stesura della riforma Moratti)  con:  percorsi differenziati in relazione ai livelli superiori di inserimento;  possibilità regolata di passaggi;  potenziamento dell’istruzione tecnico-professionale con il pieno coinvolgimento del mondo delle imprese, con l’avvio dell’istruzione tecnica superiore; attuazione di seri percorsi di alternanza tra scuola e lavoro;

- sistema competitivo regolato con:  assegnazione diretta a tutti gli istituti del sistema pubblico integrato di tutte le risorse economiche necessarie calcolate per quota capitaria;   valutazione esterna delle scuole in funzione del miglioramento delle istituzioni;

- valorizzazione dei professionisti della scuola con:  differenziazioni contrattuali; nuovo stato giuridico della dirigenza e della docenza con forme di carriera, valutazione professionale legate al merito ed alle prestazioni, trasferimento della contrattazione al livello solo regionale e nazionale.

 

 

3.  Condividiamo pienamente il fatto che oggi questo quadro di cambiamenti si debba misurare con l’esigenza di maggior rigore economico nella spesa pubblica, che tuttavia non può diventare pretesto per impoverire la scuola.  Innanzitutto i cittadini hanno bisogno di veder applicato questo rigore agli elefantiaci apparati ministeriali, agli Enti locali, anche con l’eliminazione  delle Province.

Per la scuola razionalizzare l’uso e la destinazione delle risorse esige un disegno adeguato alle prioritarie nacessità formative.  Condividiamo, in tal senso, pienamente quanto sostenuto dal Presidente della Repubblica: “Per quel che riguarda la scuola l'obiettivo di una minore spesa non può prevalere su tutti gli altri e va formulato con grande attenzione ai contenuti e ai tempi, in un clima di dialogo”.

In particolare, riferendoci alle misure previste dalla legge di riferimento e riprese nel Piano, riteniamo ingiusto che il 70% delle risorse finanziarie che si ritiene di risparmiare non venga reinvestito nel sistema scuola, evidenziando così quella linea di “impoverimento” sopra accennata.

Moltissimi ritengono che “qualificare la spesa” non sia sinonimo di “taglio della spesa” ma deve voler dire lotta agli sprechi ed alle diseconomie.

Questa passa soprattutto attraverso un controllo reale della spesa. In realtà oggi non si può dire (ma in questo ci ha illuminato la Corte dei Conti) che questo generalmente accada, a cominciare dagli Uffici Centrali, spostando poi l’attenzione agli Uffici Regionali, Provinciali e in diversi casi ai bilanci di Istituto.

Valutiamo positivamente che il minimo reinvestimento previsto miri al riconoscimento del merito del personale. E’ tuttavia urgente anche che si preveda:

- la definitiva assegnazione ai bilanci delle scuole statali e paritarie di tutti gli arretrati previsti dalle norme vigenti (in taluni casi si risale al 2004);

- la ripresa di aumento dei finanziamenti per funzionamento e di quelli per la legge 440, crollati negli ultimi sette anni del 70%;

- un piano di edilizia scolastica e di sicurezza degli edifici;

- la ripresa (in attesa di diverso ordinamento) dei contributi in conto capitale per il rinnovo dei macchinari specie di tutti gli istituti tecnici e professionali industriali costretti da oltre 15 anni a mendicare elargizioni sul territorio.

 

 

4.  Entrando nel merito del Piano, tralasciamo, come sopra accennato, le considerazioni generali sulle premesse del Piano e sui Criteri della sua attuazione, poiché contenengono affermazioni di principio condivisibili nella quasi totalità.

Il problema grave di molti provvedimenti degli ultimi due ministeri consiste nella mancata relazione tra principi affermati e misure adottate o proposte, che, per la maggior parte, contraddicono gli stessi principi. Basti pensare all’intenzione di utilizzare parte dei risparmi per la valorizzazione del merito del personale, senza nessun accenno a come questo potrà avvenire e salvo poi utilizzare parametri solo quantitativi nelle proposte di riduzione, impedendo così alle scuole di trattenere il personale sulla base delle capacità. Oppure si faccia attenzione alla mancanza di precisi riferimenti sul decentramento del personale alle Regioni.

Nel formulare alcune delle proposte correttive, ci riferiamo, condividendone molti aspetti, anche a quanto già espresso con proprio parere da questa VII Commissione tempo fa sulla stessa materia.

In generale possiamo rilevare che non viene chiarito in alcun modo quale bene derivi alla scuola dalla politica dei tagli così come viene esposta.

 

a-  Piani di studio.

La reintroduzione dell’anticipo per la scuola dell’infanzia sarà utile se non avverrà a prescindere da una chiara definizione delle modalità.

Per il I ciclo non è assolutamente utile riscrivere altre Indicazioni Nazionali riteniamo importante concludere una seria e testata esperienza nella pratica didattica quotidiana di quelle esistenti, per poi col tempo necessario giungere ad un documento vincolante rispetto agli standards ed alle competenze terminali di ciclo necessarie per la vita, rispettando pienamente le prerogative dell'autonomia scolastica sui percorsi, strumenti e contenuti necessari per il loro raggiungimento.

I piani di studio e i relativi quadri orari comprensivi delle attività opzionali dei percorsi dell’istruzione secondaria superiore dovranno tener conto dell’organizzazione prevista per il secondo ciclo dal decreto legislativo n. 226 del 2005;

La riduzione degli indirizzi previsti dall’attuale commissione per la riforma dell’istruzione tecnica deve contestualmente affrontare e coordinarsi con il medesimo percorso per l’istruzione professionale, con attenzione alle duplicazioni dei percorsi, alla riduzione forte delle ore di lezioni teoriche a favore di una didattica esperenziale e di laboratorio, insieme alla possibilità ordinamentale di percorsi seri di alternanza tra scuola e lavoro, armonizzando le disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 226 del 2005 con quelle contenute nel decreto legge n. 40 del 2007, la cui impostazione centralista va decisamente superata.

Infine deve essere esplicitamente confermato l’assolvimento dell’obbligo di istruzione anche nei percorsi di istruzione e formazione professionale.

 

b- Quadri orari

Condividendo la scelta per una riduzione dei quadri orari in linea di principio, ribadiamo che questa esige un’immagine chiara e ordinata di scuola per ogni ciclo, senza la quale la riduzione opererà nel modo assurdo con cui è stata organizzata per gli Istituti Professionali col passaggio a 36 ore.

Nella scuola primaria l’assurda polemica in corso va risolta con l’esplicito affidamento alle istituzioni scolastiche delle scelta tra quattro modelli formativi ed organizzativi, tutti egualmente garantiti in termini di organico, valorizzando la funzione docente ed evitando che si possano nascondere dietro finti dibattiti pedagogici semplici mantenimenti di doppi organici.

Tocca alle scuole congegnare in modo “creativo” al meglio i modelli necessari al territorio, sulla base del rispetto delle richieste delle famiglie.

Risulta estremamente positiva la riduzione degli orari nella secondaria di secondo grado. Ma occorre che questa misura sia determinata da due direttrici assenti dal Piano: definizione delle discipline irrinunciabili e degli obiettivi essenziali all’insegnamento; riconoscimento progressivo del curricolo autonomo alle scuole così da arrivare agli ultimi anni delle superiori fino al 50% del curricolo complessivo, come avviene nelle nazioni ad autonomia attuata.

Bisogna inoltre giungere alla chiara distinzione tra “ore” (computo di servizio) e “periodi” (organizzazione didattica) di lezione con l’obbligo del pieno servizio orario di tutto il personale di ogni livello di scuola.

 

c- Riorganizzazione delle rete scolastica

In chiara collaborazione con le Regioni, la piena attuazione del dimensionamento della rete deve tener conto:

- della esplicita salvaguardia della presenza della scuola nelle zone di montagna e piccole isole e dell’attenzione alle dimensioni in zone a forte disagio sociale;

- della necessità di rivedere il dimensionamento anche in senso inverso dove, con provvedimenti scellerati, si sono costituire istituzioni scolastiche di 1500/2000 e più alunni, riportando queste situazioni nell’ambito previsto dalla norma con un parametro di massima medio di 900 alunni;

- della salvaguardia dell’istruzione professionale oggi la più debole e necessaria di rilancio e sostegno, evitando accorpamenti che ne impediscano la ripresa.

 

d- Organici personale docente

Mancando nel Piano un chiaro riferimento del passaggi di tutto il personale delle scuole alle Regioni, ci limitiamo a ribadire che l’autonomia delle istituzioni scolastiche si realizza dotandole di un organico funzionale pluriennale che possa far fronte sia alle esigenze didattiche sia alle supplenze. Inoltre in questa assegnazione si dovrà tener conto innanzitutto dei modelli di scuola definiti per riforma, con particolare riferimento al fatto che questi dovranno prevedere, una decisa  flessibilità, così che l’amministrazione (in linea transitoria ed in attesa di trasferire tutta l’assunzione agli istituti autonomi) garantisca le risorse personali per il curricolo nazionale e lasci alla competenza delle scuole il restante e crescente (almeno fino al 50% nel triennio terminale del secondo ciclo) curricolo dell’autonomia.

Facendo attenzione a casi specifici si tenga conto che l’organico nella scuola secondaria di primo grado segue, attualmente, procedure che non fanno più riferimento alla realtà, ma, per una cospicua parte, a una situazione congelata ormai otto anni fa. E’ il caso delle assegnazioni organiche di tempo prolungato, fatto ancora oggi sulla base dei corsi di tempo prolungato attivati otto anni fa, senza nessuna relazione con l’effettiva offerta formativa della scuola, sulla base del monte ore settimanale precedente la riforma, e non sulla base del monte ore annuale previsto dalle varie riforme, o ritocchi, successivi.

Sarà sicuramente utile rivedere le funzioni dei tecnico-pratici e degli assistenti tecnici, ma è assolutamente negativa la loro diminuzione che provocherebbe diminuzione di compresenza con la distruzione di una didattica personalizzata e attenta alle fasce più deboli, alle attività laboratoriali nell’istruzione tecnica e professionale.

 

e- Formazione classi

Stante l'attuale rigida struttura organizzativa, aumentare il numero massimo di alunni per classe  in maniera generalizzata renderà sempre più difficile un apprendimento nelle situazioni più deboli. Non si possono costituire allo stesso modo le classi di quarta ginnasio da quelle di prima istituto professionale meccanico !  Come sopra accennato, si diano parametri per definire l'organico di istituto utilizzando il rapporto allievi frequentati/insegnanti, tenendo conto nella scuola primaria dell’orario richiesto dalle famiglie. Per fare questo diventa indispensabile una revisione delle classi di concorso per la scuola secondaria.

 

f- Classi di concorso

La razionalizzazione e l’accorpamento delle classi di concorso deve uscire dall’attuale antiquata struttura universitaria, per aprirsi ad una verifica delle competenze reali possedute e maturate dagli insegnanti, che le possono cambiare nel tempo.  Serve quindi una forte flessibilità nell’utilizzo del personale, una consistente riduzione delle discipline, l’abolizione del valore legale del titolo di studio, per orientare il curricolo nazionale sulle competenze necessarie per l’inserimento nella vita attiva. Non deve essere più possibile proibire ad un docente di francese poter insegnare geografia se l’istituzione scolastica ne ha verificato le competenze necessarie.

 

g- Specialisti inglese

E’ difficile capire come si attui una migliore qualità dell’offerta formativa riducendo drasticamente i docenti specialisti di inglese alla scuola primaria, così come sopra abbiamo ricordato l’impossibilità di combattere la dispersione e l’abbandono, recuperare le crisi di motivazione allo studio, attuare una didattica più laboratoriale ed un maggiore rapporto tra scuola e lavoro dimezzando gli Insegnanti Tecnico Pratici.

 

h- Utilizzo in compiti diversi

Di questa misura, prevista da una congerie di norme passate siamo sempre in attesa che qualcosa si possa intravvedere nei fatti. Finora non sono mai state emanate misure attuative del principio.

 

h- Personale ATA

La riduzione dell’organico del personale ATA per molti versi indispensabile non deve essere calcolata allo stesso modo su tutti i profili del personale. Ci sono situazioni urgenti e gravi quali  l’assoluta carenza di concorsi per D.S.G.A. o la mancanza totale di formazione per le enormi e nuove icombenze per gli assistenti amministrativi delle segreterie delle istituzioni scolastiche. Quindi dalla riduzione occorre escludere in modo tassativo le figure amministrative indispensabili allo sviluppo dell’autonomia, dopo aver trasferito alle scuole tutte quelle derivanti dalla chiusura delle competenze non più utili degli USR e USP.

 

i- Quadro degli interventi

I tempi previsti per la predisposizione del Piano debbono essere raddoppiati al fine di consentire anche un esame approfondito di tutta la massa di Regolamenti necessari. .

 

La direzione nazionale Di.S.A.L.

 

 

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