DiSAL interviene alla Camera per audizioni sul PdL Aprea


 

L'intervento di DiSAL alla Camera

Il Comitato Ristretto ha avviato le consultazioni

L’on. Aprea lo annuncia così su “Io donna”: "Altro che grembiulini, maestri unici e voti in condotta". Quelli, tutto sommato, sono piccoli aggiustamenti, nota il periodico, perché la "rivoluzione copernicana" per la scuola arriverà quando (e se, andrebbe aggiunto) sarà approvata la proposta di legge presentata all'inizio della legislatura dalla parlamentare di Forza Italia, già sottosegretario con il ministro Moratti. La proposta, sulla quale si è già esaurita la discussione generale in commissione,  è oggetto da martedì 27 gennaio di una serie di audizioni. L'obiettivo è di arrivare in aula entro febbraio.  Il testo del PdL è reperibile nelle pagine documenti.

I sindacati, già intervenuti lo scorso martedì hanno dato tutti, tranne ANP, parere contrario e negativo: questo per DiSAL è il segno che il PdL tocca i nervi scoperti della grave crisi del sistema scuola.

Oggi, martedì 3 febbraio, per DiSAL, sono intervenuti all'audizione delle associaizoni professionali i colleghi Angelo Rossi di Pescara e Filomena Marchetti di Roma,  comunicheranno invece una condivisione positiva della Proposta, indicando alcune rettifiche ed integrazioni per migliorare la portata di novità e l’efficacia delle proposte.

Quì di seguito il testo dell'intervento consegnato al Comitato Ristretto della Commissione Istruzione.

 

 

 

Dirigenti Scuole Autonome e Libere

 Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie  - Ente qualificato dal MIUR alla formazione

   

 

 

Roma, 3 febbraio 2009

 

GRIGLIA PER AUDIZIONI SULLE PROPOSTE DI LEGGE AVENTI PER OGGETTO

Norme per l’autogovero delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma delo stato giuridico dei docenti

C. 953 Aprea (adottata come testo base) e abbinate C. 808 e C. 813 Angela Napoli, C. 1199 Frassinetti,

 C. 1262 De Torre, C. 1468 De Pasquale e C. 1710 Cota

 

A)     Autogoverno delle istituzioni scolastiche

 

Questioni

 

-         Autonomia statutaria nel rispetto della Costituzione ed in particolare del Titolo V;

-         Organi di Governo (stabiliti dalla legge);

-         Organi di partecipazione (stabiliti dagli statuti delle istituzioni scolastiche);

-         Competenze, composizione e funzionamento dell’Organo di Governo (denominato Consiglio di amministrazione nel testo A.C. 953 e altrimenti nei testi abbinati C. 808 e 813 Angela Napoli, C. 1199 Frassinetti, C. 1262 De Torre, C. 1468 De Pasquale e C. 1710 Cota);

-         Competente, composizione e funzionamento dell’Organo tecnico (denominato Collegio dei docenti nel testo A.C. 953 e testi abbinati C. 808 e 813 Angela Napoli, C. 1199 Frassinetti, C. 1262 De Torre, C. 1468 De Pasquale e C. 1710 Cota);

-         Principi generali per l’istituzione da parte delle scuole di organi di partecipazione degli studenti e delle famiglie;

-         Competenze, composizione funzionamento degli organi di valutazione degli apprendimenti degli studenti e dell’istituzione scolastica;

-         Possibilità per le istituzioni scolastiche, secondo criteri fissati con regolamento ministeriale, di trasformarsi in Fondazioni (delega al Governo), (cfr. art. 2  A.C. 953).

 

Osservazioni

 

1.  Nel ringraziare per la convocazione che verte su temi urgenti e decisivi per il ripresa della scuola italiana dall’attuale situazione di grave emergenza educativa e professionale, vorremmo precisare che il nostro contributo non si limita ai soli articolati dei due testi presentati, ma, sulla stessa materia intende suggerire integrazioni, poiché l’attuale fase di dibattito parlamentare volge verso un testo che integri contributi e proposte.   Dei testi sottoposti all’audizione ci ritroviamo meglio laddove si definiscono meglio le prospettive indispensabili di:
a) delineare la fisionomia dell’autonomia della singola istituzione scolastica, compresi i rapporti e poteri, responsabilità di questa in relazione al proprio territorio;
c) avviare la responsabilità delle Regioni (ma su questo fisseremo una particolare riflessione);
d) ridefinire per legge lo stato giuridico del personale docente, la sua formazione iniziale ed il reclutamento. Chiariremo per quale ragione questa scelta vada integrata con la definizione anche dello stato giuridico del personale direttivo;

e) valorizzare con coraggio la dimensione professionale e tecnica attraverso l'associazionismo professionale.

 

2. Condividiamo genericamente la possibilità prevista per le istituzioni scolastiche di scegliere la forma delle “fondazioni”, per organizzarsi meglio quali “imprese sociali”, pienamente radicate nelle loro comunità locale, nelle reti di alleanze educative indispensabili, secondo valori di responsabilità, valorizzazione del merito e sostegno alle difficoltà. Ma questa soluzione deve restare con molta chiarezza solo una possibilità e non un vincolo, poiché questa forma giuridica (come molti studiosi in materia hanno evidenziato) non si attiene alla normale istituzione scolastica, specie a quelle del primo ciclo, ma solo alle istituzioni che, per la loro complessità formativa (terminalità e più livelli anche superiori) e per la complessità di articolazioni dei rapporti socio economici necessari, debbono necessariamente coinvolgere più soggetti appunti socio-economici. Sii tratta in particolare quindi di incoraggiarla per gli istituti tecnici e professionali, per favorire il loro raccordo con il mondo della produzione e del lavoro.

 

3. Da anni favorevoli all’autonomia statutaria, a livello costituzionale, riteniamo contraddittorio elencare tutti gli Organismi dell’Istituzione autonoma, la cui scelta e composizione va lasciata al Consiglio che ha potestà di indirizzo, amministrazione e controllo, che preferiamo denominato “dell’Istituzione” proprio nel rispetto dell’autonomia statutaria.  Indispensabile il principio di distinzione tra poteri di indirizzo, gestione e controllo (del Consiglio dell’Istituzione) e poteri di direzione didattica-organizzativa e del personale (spettanti alla Direzione di istituto).  L’istituzione di un “Consiglio dell’Istituzione” quale nuovo organo di governo deve porre fine all’attuale confusione di competenze ed a quei poteri di veto che ne scaturiscono, ma solo a condizione che  sia costituito in prevalenza dai rappresentanti dei soggetti “mandatari” dell’azione formativa (genitori, comunità locale, soggetti economici), in modo che la presenza del personale direttivo e docente non possa in nessun modo prevalere su questi.

 

4. Ribadiamo con fermezza il danno che si farebbe alle istituzioni scolastiche affidando la presidenza dell’Organismo di governo al Dirigente Scolastico, non solo perché si andrebbe a violare il principio della separazione tra potere di indirizzo e potere di gestione ricordato da entrambi i testi, ma soprattutto perché si andrebbe a snaturare definitivamente la figura direttiva,  già avviata da alcuni anni verso una funzione meramente gestionale-organizzativa.

Condividiamo pienamente (art. 4) che la figura direttiva (che proponiamo denominata “direttore dell’istituzione”) assicuri la direzione unitaria dell'istituzione, ne sia la legale rappresentanza e sia responsabile della direzione delle risorse umane, finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio, ma nell’ambito degli obiettivi e degli indirizzi a lui affidati dal Consiglio del quale è membro di diritto, come d’altrondo lo deve essere il DSGA.

La presidenza va invece affidata dal Consiglio medesimo a persona che rappresenta il “mandato” formativo su cui la scuola si regge. Le competenze del Consiglio vanno delineate in modo assolutamente “leggero” affidando ad esso esclusivamente l’adozione del piano dell’offerta formativa, proprio in quanto (anche numericamente) questo rappresenta la realtà sociale mandataria dell’azione formativa.

 

5. Giustamente il Collegio dei docenti è definito “organo tecnico” espressione dell’autonomia professionale, riconosciuta espressamente dall’ordinamento in quanto discendente dal principio costituzionale della libertà di insegnamento.  Tale principio, sul quale si fonda l’autonomia didattica, deve essere con chiarezza delimitato, come vuole la Costituzione, dal pieno rispetto dell’autonoma coscienza morale e civile degli alunni e delle loro famiglie.  In tal senso il Collegio dovrebbe avere potestà sulle forme di propria autoorganizzazione dei lavori e in tutta la materia didattica, ma con chiarezza all’interno degli indirizzi stabiliti dal Consiglio dell’Istituzione. Non può darsi infatti che un organi tecnico professionale pervenga a deliberazioni che sono invece l’espressione delle scelte principali della comunità locale e nazionale.

 

6. Poiché ci pare di ravvisare la scelta di rinviare ad altro testo l’affronto di un sistema nazionale di valutazione autonomo ed indipendente, riteniamo che l’azione di valutazione di istituto non possa essere esercitata inventando un nuovo organismo, ma debba essere responsabilità chiara degli organismi di indirizzo e tecnici della scuola. Questo potrà avvenire con correttezza ed efficacia solo se l’istituzione scolastica sarà inserita e collegata, appunto, ad un sistema nazionale che assegni prove uniche di rilevazione-verifica e sia gestore di interventi valutativi dell’azione del personale.

 

 

 

B)     Stato giuridico dei docenti

 

 

Questioni

 

-         Contrattazione (area contrattuale autonoma);

-         Articolazione della professione docente, formazione in servizio e valutazione;

-         Associazionismo professionale.

 

Osservazioni

 

1.  E’ ovvio, per l’impostazione culturale che abbiamo proposto, che riteniamo urgente e indispensabile il totale superamento dell’articolo 2, comma 416, della legge 244/2007 che impedisce l’affidamento della nuova figura docente e dirigente ad un chiaro quadro legislativo che le sottragga alle prepotenze privatistiche e contrattuali, perché si tratta di professioni che attengono alla cultura, all’educazione ed alla sua libertà. Senza una chiara attribuzione della materia professionale dirigente e docente alla definizione legislativa si tornerebbe nell’attuale situazione di ostaggio di ogni scelta della scuola alla contrattazione privata.

E’ questa una materia che, ne siamo consapevoli, ci mette sulla sponda opposta di semplici difese corporative: è in gioco il futuro di qualità, di merito e libertà della scuola italiana.

 

2. Le aree contrattuali, limitate unicamente al campo salariale e dell’orario di lavoro, debbono rispettare la dimensione professionale delle figure delle scuola e quindi separarsi tra dirigenti (come ora), docenti e non docenti.   Per le stesse ragioni sosteniamo la scelta del’art. 22  di spostare la contrattazione a livello regionale, eliminando le RSU di istituto, anche perché la loro esperienza ha non solo esponenzialmente aumentato il contenzioso, ma ha altresì aumentato la conflittualià di scuola, riportando costantemente gran parte della materia educativa al conflitto sindacale.

 

3. L’articolazione della professione docente deve partire dalla generalizzazione dell’orario di servizio per tutti a 24 ore settimanali di classe.  Solo così si potrà finalmente affrontare anche Ai vari livelli previsti dal PdL 953 debbono poter corrispondere riduzioni parziali (fino a totali, sulla base di standard unici per istituto) dell’orario in classe per permettere lo svolgimento dei compiti previsti al comma 2.  La valutazione professionale del docente deve essere collegata all’ottenimento dello scatto stipendiale pluriennale previsto dalla contrattazione  nazionale.

 

4. Proponiamo l’introduzione nell’articolazione professionale della figura del “documentalista” (riconosciuta sulla base di un minimo di 600 di popolazione scolastica) che, come in Francia, diventi risorsa indispensabile per il servizio bibliotecario, documentale e di ricerca  per il personale docente e per gli studenti.

 

4. Fondamentale è l’istituzione (sempre sul modello francese) della vice dirigenza, il cui esonero totale dal servizio deve essere obbligatorio con una popolazione scolastica oltre i 900 alunni.

 

5. E motivo di soddisfazione notare che sulla materia delle associazioni professionali siano ripresi i principi di precedenti tentativi legislativi, poco fortunati e coraggiosi, che abbiamo sempre sostenuto (come ad esempio quello presentato nella precedente Legislatura dai Deputati Napoli e Santulli). Siamo invece stupiti dall’ostilità che alcune forze sociali hanno verso il riconoscimento istituzionale all’associazionismo professionale, che ovviamente comporta riportare al proprio alveo originario e costituzionale il peso della contrattazione alla quale deve essere attribuita la materia delle relazioni economiche, così come prevede l’art. 39 della Costituzione che non a caso è  parte del Titolo III dei “Rapporti economici”, senza più travalicare in altri campi appartenenti alle libertà personali e etico-sociali.

Le associazioni professionali, legittimate dalla Carta Costituzionale, hanno finora svolto, in autonomia e libertà, compiti di solidarietà professionale, ricerca e formazione culturale, pedagogica e didattica.

Condividendo ovviamente l’articolo sull’associazionismo professionale, ne lamentiamo l’eccessiva vaghezza. Non occorre una legge per riconoscere il diritto di associarsi nelle scuole e sul territorio. Occorre invece attuare per la professione direttiva e docente l’istituzionalizzazione di organismi consultivi costituiti dalle associazioni professionali, come è avvenuto con i Decreti riguardanti le associazioni studentesche e dei genitori.

Nessun organismo statale o regionale va costituito in materie di disciplina del personale: questa deve essere lasciata, oltre che all’ambito giurisdizionale, come per tutte le professioni, all’autogoverno deontologico ed etico delle associazioni stesse, che costituiranno un libero organismo apposito.

 

6. Sosteniamo con vigore la necessità di introdurre un Titolo inerente lo Stato Giuridico del personale direttivo, rivedendo la figura direttiva delineata dal DLgs 165/2001 per rafforzare la “specificità” di questa figura nell’istituzione scolastica e nell’organizzazione che la sostiene.

Senza voler qui entrare nel merito di una delineazione della figura, della sua articolazione professionale, delle sue competenze (basti pensare l’urgenza improcrastinabile di rivedere l’identificazione “dirigente scolastico = datore di lavoro” in materia di sicurezza del lavoro), della sua formazione, del suo reclutamento e della carriera, chiediamo almeno di considerare quanto non sia possibile fare la scelta dello Stato giuridico per il personale docente, accantonando le serie problematiche, molto simili alla docenza, in materia di separazione tra relazioni contrattuali private e funzioni culturali, formative ed istituzionali.

Ovviamente questo comporterà introdurre anche un Titolo apposito sulla sua alta formazione (oggi lasciata alle circostanze più varie astratte, senza tirocinio che potrebbe invece identificarsi con la vice dirigenza) e sul suo reclutamento.

Nessun organismo può avere il monopolio della delineazione della professione direttiva, sempre più riconosciuta da autorevoli ricerche internazionali decisiva per la qualità dell’istituzione scolastica.

 

 

 

C)     Percorsi di formazione iniziale, abilitazione all’insegnamento e modalità di reclutamento

 

 

Questioni

 

-         Tipologie della formazione generalista e specialistica;

-         Esame di Stato per abilitazione all’insegnamento.

-         Concorsi (di istituto, regionali e/o percorsi di valutazione post-specializzazione e propedeutici alla stabilizzazione all’insegnamento) (cfr testi A.C. 953, 1710 e 1468);

-         Albi regionali.

 

 

Osservazioni

 

1. Riteniamo che tutto il processo di formazione del personale docente vada affidato (sul modello francese degli IUFM) ad Istituzioni specifiche e autonome, a carattere universitario, ma non gestite dalle Università, bensì da organismi autonomi che vedano rappresentati le Università, le Istituzioni scolastiche autonome del territorio, l’ente locale individuato e le Associazioni professionali.

 

2. Il percorso formativo biennale, immediatamente dopo la laurea triennale di primo livello, deve contemplare, nel secondo anno, un’attività totalmente collegata con le scuole, dove il tirocinio non deve essere inferiore a tre mesi.  L’esame finale va esplicitamente definito abilitante. Nella specifica commissione deve far parte il dirigente della scuola dove si è svolto il tirocinio, così che il parere della scuola sede di tirocinio sia incidente quanto la preparazione culturale. 

 

3. Condividiamo pienamente il contratto per “l’anno di applicazione”. In questo caso l’assegnazione alla scuola di applicazione deve avvenire tramite reciproca scelta tra aspiranti e istituzioni.   Sosteniamo totalmente l’avvio dei concorsi di istituto, quale unica soluzione di un nuovo avvio della qualità delle professione docente e contemporaneamente della qualità formativa delle scuole. Si tratta in questo caso della seconda gamba essenziale dell’autonomia.

Si potrebbe ovviare a difficoltà organizzative di istituzioni scolastiche provvisoriamente limitate, permettendo che il concorso sia organizzato anche per scuole consorziate.

 

 

 

 

D)  Autonomia finanziaria delle istituzioni scolastiche e

 libertà di scelta educativa delle famiglie

 

 

 

Questioni

 

-         Decentralizzazione (attuazione Titolo V Costituzione);

-         Accreditamento regionale delle istituzioni scolastiche pubbliche (statali e non statali paritarie);

-         Attribuzioni e risorse attraverso il criterio della “quota capitaria” (delega al Governo)  (cfr. art. 11 A.C. 953).

 

 

Osservazioni

 

1. La decentralizzazione resta una via ineludibile per migliorare il rapporto scuola e comunità locale, per rinnovare e facilitare quelle alleanze educative senza la quali la scuola non può adempiere ai propri compiti formativi.  Resta via indispensabile anche per migliorare l’efficaca ed efficienza dei processi.  Ma proprio questa esigenza deve permettere di chiarire il problema centrale di questa materia, già visibile, per forme diverse, nei modi di agire di molte Regioni.  La questione, non risolta nei due testi presentati dal Comitato ristretto, che fu oggetto del Convegno nazionale DiSAL del 2004, riguarda appunto la risposta alla domanda: “A chi appartiene la scuola ?”, chi sia cioè per l’istituzione scolastica autonoma il proprio referente originario, tra l’altro anche per poter  indicare poi quale sia il datore di lavoro per i dipendenti dell’istituzione.

Nella sostanza la decentralizzazione va articolata secondo lo slogan “una autonomia nelle autonomie”, in un “sistema delle autonomie” (Poggi) nelle quali l’istituzione scolastica autonoma sia inserita, nelle comunità locali alle quali essa appartiene.  Quindi deve essere chiaro che la decentralizzazione avvenga come de-statalizzazione, per evitare, quanto sta già avvenendo in forma strisciante: il passaggio cioè della scuola e 22 staterelli più invadenti e soffocanti (oppure assolutamente assenti) dell’unico precedente.

Non fa bene alla scuola quindi una “regionalizzazione” tout-court se non si delinea contemporaneamente una forte autonomia statutaria a carattere costituzionale  soprattutto per il reclutamento e la gestione del personale, che resta una delle tre colonne portanti dell’autonomia della singola istituzione, essendo le altre due il totale trasferimento dei fondi per tutto il badget e l’abolizione del valore legale del titolo di studio.

Quindi si dovrà: eliminare, ad esempio, la famosa “quota regionale di autonomia didattica”; precisare che la regionalizzazione del personale sia solo “funzionale” poiché la gestione come il reclutamento dovrà essere dell’istituzione scolastica. Altrimenti passeremo da uno a 22 carrozzoni nuovi !

 

2. Abbiamo da sempre sostenuto che la prima gamba dell’autonomia consista nel trasferimento diretto alle istituzioni scolastiche di tutte le risorse economiche necessarie per funzionare (alunni, personale, attrezzature, manutenzione edificio). Condividiamo la scelta della quota capitaria che deve riguardare tutte le scuole riconosciute dal sistema scolastico nazionale, in quanto portatori virtuali della stessa sono i singoli alunni come cittadini, a prescindere dall’organo gestore dell’istituzione scolastica.

 

3. Tuttavia tale attribuzione deve prevedere a livello regionale e nazionale una compensazione perequativa per particolari situazioni territoriali di difficoltà sociale ed economica.  Occorre inoltre prevedere che  tutta l’assegnazione prescinda da qualsiasi vincoli e autorizzare le istituzioni scolastiche ad incassare contributi delle famiglie e dei privati, unicamente finalizzati all’ampliamento dell’offerta formativa oltre il curricolo nazionale.

 

 

La direzione nazionale DiSAL

 

 

Viale Lunigiana, 24 – 20125  Milano  - tel. 02-66987545  fax 02-67073084   -  Via Liberiana, 17 – 00185  Roma –tel. 06-4824216  fax 06-48904696  -  www.disal.it  -  segreteria@disal.it 

 

 

 

 

La Gelmini si sbilancia: il pdl Aprea sarà la «legge della maggioranza»

La Tecnica della Scuola  -   Redazione

giovedì 29 gennaio 2009

L’occasione per tornare a parlare di riforma globale della scuola (mentre i media si attardano oltremodo sugli sms per le assenze, le telecamere in classe e le pagelle on line) è stata la tavola rotonda, tenutasi ieri all’università Luiss Guido Carli di Roma, per la presentazione del quaderno curato dall’Associazione Treellle dal titolo “L’istruzione tecnica. Un'opportunità per i giovani, una necessità per il paese". Non si è infatti parlato solo di istruzione tecnica: si è discusso di scuola a tutto campo, e soprattutto dei tanti interventi di cui necessita la nostra istruzione secondaria, che rimane a tutt’oggi un settore rimasto “intoccabile” per decenni, a differenza di quanto invece accaduto all’istruzione primaria e terziaria.

L’amo l’ha gettato il presidente di Treellle Attilio Oliva. Dopo aver presentato le linee generali delle proposte sull’istruzione tecnica, è passato ad indicare rapidamente la visione globale della scuola dell’associazione da lui presieduta (vicina a Confindustria), ricordandone i pilastri: superamento del centralismo statalista, puntando sull’autonomia; centralità della valutazione, sia dell’operato degli istituti, sia di quello dei docenti, i quali devono poter fare una determinata carriera in base ai propri meriti. E qui l’affondo: un progetto di legge, che prevede autonomia per gli istituti e strutturazione della carriera dei docenti in tre livelli, c’è, ed è il progetto di legge Aprea. Quella è dunque la strada da seguire.

Quando la parola è passata alla Gelmini, il ministro non si è tirato indietro: il progetto di legge cui Oliva ha fatto riferimento non sarà solo definibile come «legge Aprea, ma sarà la legge di tutta la maggioranza», per non dire anzi «di tutta la scuola». E ha addirittura rilanciato: è inutile che gli organi di stampa cerchino di travisare l’idea centrale di quel progetto (cioè la riforma della governance delle scuole) parlando di «privatizzazione della scuola o di scuola-azienda. Abbandonare il centralismo – dice Gelmini – non significa privatizzare, ma creare nuove sinergie con il mondo esterno, in cui la scuola non solo riceva elementi positivi, ma possa essa stessa contribuire attivamente ad arricchire il territorio».

Per inciso, nel dibattito è emerso anche un elemento importante in merito alla definizione precisa del nuovo modello di governance. Oliva, parlando degli istituti tecnici (ma la cosa può essere applicata, per esteso, a tutte le scuole autonome) ha proposto l'istituzione di un Consiglio di Indirizzo e Sorveglianza: un organo diverso dal Collegio docenti, presieduto da una persona diversa dal preside della scuola, con funzione di gestione strategica della scuola stessa. Il Collegio docenti decide sulla didattica; il Consiglio di indirizzo e sorveglianza sulle scelte strategiche della scuola, anche e soprattutto in rapporto al territorio. La Gelmini ha accolto e apprezzato, in particolare il fatto che non venga utilizzato il termine Consiglio d’Amministrazione, che a molti nel mondo della scuola fa venire l’orticaria. Anche l’ex ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, in un articolato e molto autorevole intervento incentrato sulla didattica basata sul "fare esperienza", per le scienze ma non solo (contro l’impostazione teorica di Gentile, e anti-scientifica di Croce), ha ripreso e sottolineato l’importanza di questa sorta di governance duale della scuola. La stessa cosa, d’altronde, Berlinguer la propone per l’università, con la netta distinzione tra Senato accademico e Consiglio d’Amministrazione, cioè tra didattica e gestione strategica dell’ateneo.

Un dibattito del genere è all’altezza di ciò di cui la scuola ha bisogno. In quest’ottica, perfino il tema del rinvio di un anno per l’applicazione del riordino delle superiori è sembrato meno indigesto. Gelmini ha assicurato ancora una volta che quest’anno sarà dedicato all’ascolto della scuola reale, accompagnato da alcune sperimentazioni che permetteranno di vedere sul campo cosa funziona e cosa no. Fatte salve le riserve su questo discorso, di cui già si è detto più volte, se quest’anno servirà soprattutto per far partire un lavoro, e un impegno reale del ministero, per studiare, elaborare e portare a compimento una vera riforma della governance della scuola – così come Gelmini ha ieri fatto intendere – allora potranno esserci cambiamenti significativi per il nostro claudicante sistema scolastico.

 

 
Salva Segnala Stampa Esci Home