Letture/Don Giussani genio dell’educazione


 

Avvenire  -  8 febbraio 2009

PROFILI

Don Giussani, genio dell’educazione

Nell’omelia del funerale nel Duomo di Milano, il 24 febbraio 2005, l’allora car­dinale Ratzinger usò questa e­spressione: era un uomo «ferito dal desiderio della bellezza». Quattro anni dopo la morte di don Luigi Giussani uno di quelli che gli furo­no più a lungo vicini, don Massimo Camisasca, fondatore della Frater­nità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo, parte da qui per una 'biografia spirituale' del fondatore di Comunione e Libera­zione. Don Giussani. La sua espe­rienza dell’uomo e di Dio (San Pao­lo) è l’itinerario del pensiero del sa­cerdote lombardo, da quando a 14 anni in seminario recitava come preghiere di ringraziamento, fra l’inquietudine dei superiori, le poesie di Leopardi, agli anni di Gs, all’allargarsi in decine di Paesi della Fraternità di Cl, alla morte. Camisasca scrive anche e forse pri­ma di tutto per chi conosce poco Giussani, ma, anche, ricostruisce, grazie alla lettura di testi ancora i­nediti, la parabola del suo pensie­ro.
Quel desiderio ferito di una Bel­lezza non da poco, anzi della Bel­lezza assoluta, procede, dice, in Giussani attraver­so una ragione in grado di ricono­scere nel bello la strada della ve­rità, e dunque in­fine del Verbo stesso. Il giovane sacerdote ne era certo: «La vita si muove solo per una passione, e una passione si muove solo per u­na bellezza incontrata». Quando sale per la prima volta le scale del Liceo Berchet di Milano, dove rinunciando alla teologia ini­zierà la sua opera educativa, si è già accorto che per molti ragazzi in quegli anni Cinquanta il cristiane­simo non è più 'interessante'. Oc­corre ripresentarlo vivo e operante, qui e ora, esattamente come al tempo degli Apostoli. E questo contro, sottolinea Camisasca, il lai­cismo che avanza, e pretende che non esista alcuna verità; e contro, anche, l’autoritarismo che segnava allora la trasmissione educativa. Giussani capisce che le nuove ge­nerazioni non aderiranno a ciò che è semplicemente imposizione di un’eredità del passato. Vogliono di più: ragioni verificate nella concre­tezza quotidiana. Sarà, la battaglia per un rinnovamento dell’educa­zione cristiana, appassionata, e non priva di incomprensioni all’in­terno della stessa Chiesa.
E sfidata poi dagli anni tumultuosi della contestazione, quando non pochi dei primi che avevano seguito Gio­ventù Studentesca prendono altre strade. Il rischio educativo e poi Il senso re­ligioso, tradotto in tutto il mondo, segnano il fulcro della passione u­mana e cristiana di Giussani: nel­l’ansia di riscoprire, quasi far rie­mergere la domanda originale di felicità dell’uomo, e di mostrare u­na risposta che sia, di tale doman­da, all’altezza. Osando affermare – tesi scandalosa in anni in cui 'pa­dre 'e 'obbedienza' erano diven­tati parole impronunciabili – che il vertice della ragione sta proprio nel riconoscimento della dipendenza da Dio, e che nel seguirne il dise­gno, dunque in una obbedienza, è la strada per una felicità piena. Controcorrente è una pedagogia che pure non inventa nulla, ma ri­scopre, come un tesoro ossidato dal tempo nella lucentezza, la grande tradizione cristiana, da A­gostino ad Ambrogio attraverso Mölher e Scheeben fino a Guardi­ni. Con un tenace attaccamento – che Camisasca attribuisce anche al padre di Giussani, operaio sociali­sta – alla ragione e alla realtà, da osservare per come è e non in un pregiudizio ideologico.
Quella realtà che Giussani, come nella tra­dizione del cristianesimo medioe­vale, insiste essere 'segno', simbo­lo che rimanda, sempre, ad altro – ad un Altro. L’autore annota che nel ’88, parec­chio prima che si cominciasse a parlare di 'emer­genza educativa', già il padre di Cl vede una genera­zione che «non riesce più a co­gliere la promessa che è contenuta nelle cose, a sta­bilire un rapporto fra le proprie atte­se più profonde e i segni che Dio ha disseminato nel mondo. Vive spesso solo a livello di reazione superficiale (..) Il potere fa le veci di padre e madre, e in ulti­ma analisi, fa le veci di Dio». Uno che vedeva lontano e profeti­camente, prima degli altri, è l’uo­mo che emerge dal libro di Cami­sasca. Un pessimista allora? Asso­lutamente no. «Negli ultimi anni di vita la sua parola – scrive – «sgorga dallo stupore per l’Incarnazione».
Che la salvezza sia passata per il sì di una donna lo commuove, e la maternità di Maria, dice, «è un a­bisso ». Il cammino umano del pre­te appassionato, polemico, profon­damente 'dentro' le passioni degli uomini, volge verso la fine in uno sguardo sbalordito e grato alla mi­sericordia di Dio. «Abbiamo a esse­re misericordiosi, a avere miseri­cordia gli uni verso gli altri.. Di fronte a tutti i peccati della Terra sarebbe ovvio dire: Dio distrugga un mondo così! Invece Dio muore per un mondo così, diventa uomo e muore fra gli uomini, tanto che questa misericordia rappresenta il senso ultimo del Mistero».

Marina Corradi

 

Zenit -  14 febbraio 2009

Don Giussani: l’amico a fianco nel viaggio della vita

Don Massimo Camisasca parla del fondatore di Comunione e Liberazione
di Antonio Gaspari
ROMA, domenica, 15 febbraio 2009 (ZENIT.org).- E’ appena arrivato in libreria il volume scritto da don Massimo Camisasca “Don Giussani: la sua esperienza dell'uomo e di Dio” (San Paolo, 2009, pp. 165, Euro 14).  Si tratta di una introduzione al pensiero di don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione (CL), scomparso il 22 febbraio 2005. Una sorta di biografia spirituale, in cui si cerca  di far conoscere il pensiero del sacerdote lombardo.   Secondo Camisasca, "Giussani è stato un genio, un genio dell'umano e della fede, ma soprattutto l'amico che avresti voluto trovare sul sedile accanto a te, durante il viaggio della vita".
Don Camisasca è stato per lungo tempo a fianco di don Giussani. I due erano insieme quando il fondatore di CL insegnava al liceo Berchet a Milano nel 1960.  
Il libro inizia con un capitolo sulla vita di Giussani e spiega il suo pensiero, soprattutto il rapporto bellezza-verità. Nel volume viene esaminata poi la vocazione di educatore del sacerdote lombardo, mentre un’analisi particolare è dedicata alla catechesi fondamentale (il PerCorso) che Giussani offriva agli aderenti di CL.  Don Camisasca racconta anche la crisi del 1968 e il suo rapporto con la fine di Gioventù Studentesca e la nascita di CL nel 1969. Periodo in cui don Giussani individua, prima di altri, le radici nichiliste della contestazione in quello che ha chiamato “l'effetto Chernobyl" o "l'anoressia dell'umano".
Nell’insegnamento di don Giussani è forte la “passione per l’uomo” e l’indicazione della vita come vocazione. Da qui i concetti di santità, lavoro, preghiera, e i tre consigli evangelici (obbedienza, povertà, verginità) che il fondatore di CL propone come ideale per la vita di tutti, compresi gli sposati.  Gli ultimi capitoli raccontano della devozione di don Giussani per Maria e la Misericordia.   "La cosa più bella da dire – scriveva don Giussani – è che abbiamo ad essere misericordiosi, ad avere misericordia gli uni verso gli altri... di fronte a tutti i peccati della Terra sarebbe ovvio dire: ‘Dio distrugga questo mondo così!’. Invece Dio muore per un mondo così, diventa uomo e muore per gli uomini, tanto che questa misericordia rappresenta il senso ultimo del Mistero."  Per approfondire la conoscenza e gli insegnamenti di don Giussani, ZENIT ha intervistato don Massimo Camisasca.
Qual è la ragione che l’ha spinto a scrivere questo libro?
Don Camisasca: Sono passati solo quattro anni dalla scomparsa di don Giussani, e la sua persona è più viva e più presente ora che mai, in mezzo a quelli che l'hanno conosciuto. C'è anche però un grande desiderio di poterlo conoscere, da parte di molti che non hanno avuto la possibilità di ascoltarlo o di vederlo, e che non conoscono le sue opere.   Il mio libro nasce qui, dal desiderio di poter fare incontrare don Giussani, soprattutto a coloro che non l'hanno ancora visto, incontrato, conosciuto. Per questo ho pensato di trarre dal lungo corso della mia vicinanza di lui e della mia frequentazione dei suoi scritti, una sintesi della sua esperienza, un racconto cronologico, certo, che andando a ripercorrere l'itinerario delle sue opere ce ne ridia lo spirito, la sensibilità e il pensiero.
Ci può descrivere brevemente la struttura del suo testo?
Don Camisasca: Ho cominciato dalle prime opere, quelle nate negli anni Cinquanta ancora prima della nascita del movimento di Comunione e Liberazione, quando era insegnante di teologia. Poi ho ripercorso l'itinerario dei primi testi di Gioventù Studentesca, e infine il "PerCorso" della scuola di comunità, a cui attendono migliaia e migliaia di persone con un ritmo settimanale o quindicennale.   Poi ho attinto alle opere più importanti, come “Il rischio educativo”, come “Si può vivere così”. Ho mostrato le linee della sua passione per Cristo e per la Chiesa, e anche il suo fondamentale ecumenismo, la sua apertura, e infine ho percorso gli ultimi anni della sua vita, la sua attenzione verso Maria, il suo desiderio di fare penetrare l'uomo nello sguardo con cui la madre guardava il figlio, strada fondamentale per arrivare fino a Gesù, e infine la rivelazione di Dio come misericordia, rivelazione conclusiva di tutta la sua esistenza, come è stato per Giovanni Paolo II.
C'è un punto centrale del suo pensiero, una chiave di lettura da indicare a chi si accosta per la prima volta a Giussani?
Don Camisasca: Dal libro si può notare quanto vari siano stati i temi affrontati da don Giussani, quante mutazioni siano avvenute nel suo linguaggio, all'interno di una traiettoria costante, che è stata quella di portare Gesù agli uomini, soprattutto ai giovani, e mostrare quanto questa persona sia affascinante, risolutiva e infine chiarificatrice per la vita di ogni uomo e di ogni donna.   Ho visto in don Giussani anche un precorritore del concilio Vaticano II, e dico questo non per apologetica sciocca, ma perché sono profondamente convinto di questa mia tesi. Come il Vaticano II, egli ha sentito profondamente il grande allontanamento che si stava creando fra la Chiesa e gli uomini, e quindi fra Cristo e gli uomini, e ha inteso lavorare perché questo allontanamento venisse superato, perché gli uomini potessero riscoprire il fascino della persona di Gesù e della sua proposta, perché la Chiesa potesse tornare ad albergare nel cuore delle persone non come un ospite autoritario sgradito, ma come una presenza che dà calore e intelligenza.
Cosa ha da dire questo libro alla Chiesa tutta?
Don Camisasca: Questo libro, che spero possa essere tradotto presto almeno nelle lingue fondamentali, traccia un itinerario di riforma della vita della Chiesa, che a mio parere può essere utile per le altre chiese europee, oltre all'Italia, ma anche per le situazioni come negli Stati Uniti, Canada e il Latino America, dove la Chiesa sta cercando le vie dell'evangelizzazione.

 

 

 

 

 
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