Nuovo liceo scientifico: le proposte di DiSAL a Berlinguer


 

Pubblichiamo le proposte che i colleghi Marisa Falzoni, Giovanni Moscatelli e Antonio Arrigoni  hanno presentato a nome di DiSAL al Convegno nazionale promosso dal Gruppo ministeriale di lavoro Berlinguer sul nuovo liceo scientifico. Andando in pubblicazione segnaliamo che il MIUR ha istituito sei gruppi di lavoro per i nuovi licei, su proposta del Direttore degli Ordinamenti, dott. Dutto, a firma del capo Dipartimento dott. Cosentino, sotto l’egida dell’Ispettore Favoni.

 

NOTE SUGLI ESITI DEL CONVEGNO “Per un nuovo liceo scientifico nel XXI secolo”

ROMA  1/2 APRILE 2009

Presenti al Convegno come rappresentanti dell’Associazione, ci sembra utile offrire un contributo di riflessione sull’ipotesi di un liceo scientifico “scientifico” dibattuta nel corso delle due giornate.

Ci preme evidenziare, innanzitutto, alcune idee di fondo emerse dagli interventi e sostenute con coerenza e lucidità dall’organizzatore del seminario, prof. Luigi Berlinguer:

1.  si tratta di definire una nuova identità del liceo scientifico (che non sia né una brutta copia del liceo classico né una bella copia dell’istituto tecnico);

2.  ciò che va valorizzato e mantenuto della tradizione del liceo scientifico è la sintesi tra cultura umanistica e cultura scientifica che è alla base della formazione critica dello studente;

è urgente introdurre alcune modifiche nell’impianto curricolare del nuovo liceo scientifico. In particolare occorre:

3.  riservare uno spazio adeguato alle discipline scientifiche e puntare su una didattica che privilegi il metodo scientifico;

4.  introdurre il “laboratorio” come pratica non estemporanea, secondo la seguente accezione: a) imparare a lavorare in gruppo; b) imparare a risolvere insieme un problema; 3) verificare quello che si è appreso.

 

Quest’ultimo aspetto potrebbe diventare la chiave di volta di una vera innovazione, convinti che una didattica laboratoriale efficace richiede  che l’apprendimento di concetti solidi e fondanti sia la condizione di una pratica laboratoriale tesa a far crescere la consapevolezza critica dei processi che si vanno a verificare sperimentalmente, evitando il rischio che il repertorio delle esperienze di laboratorio affianchi soltanto l’approfondimento disciplinare.

Detto questo, facciamo nostre le conclusioni tratte dal prof. Berlinguer al termine del seminario, nella forma di  alcune proposte rivolte ai decisori politici  in vista della formulazione dei nuovi piani di studio:

1.  affidare all’autonomia delle istituzioni scolastiche un curricolo flessibile che preveda, accanto a un certo numero di insegnamenti obbligatori, un’area opzionale significativa (almeno il 20% dell’orario complessivo) che permetta di rispondere alle diverse esigenze degli studenti e delle famiglie;

2.  in subordine, il superamento di un’unica, rigida ipotesi (quale si evince dagli allegati alla bozza di regolamento approvata in dicembre dal Consiglio dei ministri) nella linea di un curricolo più flessibile che preveda, nel triennio o, almeno, nei due anni terminali, una diversificazione di indirizzi.

 

Un aspetto meno convincente del dibattito riteniamo sia stata  l’insistenza, talvolta eccessiva e un po’ corporativa, sulla difesa del “liceo scientifico tecnologico”, in base ad asseriti risultati positivi dell’esperienza, frutto di una valutazione certamente rispettabile, ma troppo soggettiva e non supportata da dati certi e documentabili. E’ possibile, infatti, che il liceo scientifico tecnologico sia stata, e sia tuttora, una sperimentazione didatticamente significativa, ma riguarda fondamentalmente un percorso formativo nato e cresciuto nell’ambito dell’istruzione tecnica.

Altrettanto fuori luogo – anche se purtroppo ricorrente nel dibattito sulla revisione dei piani di studio – ci è sembrata la difesa, parimenti corporativa ed espressione delle potenti lobby universitarie, di alcune discipline – ancorchè scientifiche – sostenuta da esponenti di associazioni di docenti, e soprattutto da professori universitari, perché nulla ha a che fare con la ricerca di una proposta formativa unitaria che dia una nuova identità al liceo scientifico. 

Occorre dire con chiarezza che questi ultimi hanno dimostrato di sapere ben poco della situazione reale della scuola e di aver argomentato con elementi che con questa nulla hanno a che fare.

Così si perdono completamente di vista i criteri di essenzialità e contenimento orario dei nuovi percorsi, si produce una ridondanza disciplinare e si avvalora l’assunto – erroneo e fuorviante – che l’identità del nuovo liceo scientifico consista principalmente nell’aumentare la percentuale di ore assegnate alle discipline scientifiche, secondo una concezione culturale “scientista” che non condividiamo.

 

 

da LASTAMPA.it   -   1 aprile  20098

Inventiamo il nuovo liceo scientifico

Portiamo i giovani a scoprire i laboratori

LUIGI BERLINGUER*

Si svolge oggi a Roma un convegno organizzato dal «Comitato per lo sviluppo della cultura scientifica e tecnologica», con il concorso di alcuni licei scientifici. Titolo: «Per un nuovo liceo scientifico nel XXI secolo. Fondazione culturale e rilevanza sociale». Si vuole richiamare l'attenzione sull'esigenza che in Italia ci sia un liceo scientifico all'altezza del momento, con una propria identità formativa-culturale, che abbia pari dignità ed efficacia rispetto agli altri curricoli della scuola.

L'occasione è offerta dalle misure di riduzione oraria della giornata scolastica e di semplificazione dei vari indirizzi liceali esistenti. Vogliamo che ci si misuri, a monte di questi provvedimenti, con il background teorico e culturale che deve presiedere a qualunque iniziativa di politica educativa.

Il liceo scientifico non può ridursi ad essere un liceo classico senza il greco. Né si può più tollerare lo scarso peso assegnato alle scienze e lo stesso metodo di apprendimento, non certo orientato adeguatamente all'indagine scientifica. Il suo spessore formativo deve fondarsi sull'organicità del progetto, sulla corretta «integrazione» fra componente umanistica-sociale e componente scientifica, sulla sollecitazione della curiosità sperimentale quanto sulla costruzione delle strutture razionali del pensiero. Non si possono operare artificiose contrapposizioni fra questi fattori del cammino della conoscenza-competenza, entrambi indispensabili (come oggi non è).

Vogliamo che si discuta della base epistemologica del curriculum, della declinazione dei linguaggi, partendo dal valore universale del linguaggio scientifico. Per incontrare cioè il logos, la formazione al ragionamento, senza prescindere dal profilo applicativo; per fornire risposte agli interrogativi di senso e cittadinanza, facendo tesoro dell’esperienza diretta e della curiosità dei ragazzi, nell’impatto con la formazione intellettuale complessiva.

In che modo la grandezza universale del metodo scientifico diventa formazione, educazione, dentro il curricolo? In che modo filosofia, lingua, letteratura, storia, scienza sociale concorrono con le scienze ad un unico obiettivo formativo, non come fredda sommatoria disciplinare, ma come percorso unitario di ogni alunno per il possesso dei linguaggi del sapere? In che modo i grandi temi (ambiente, energia, salute, demografia, futuro) e la densità culturale dell'esplosione tecnologica, della società dell'IT e della conoscenza, si ritrovano nell'itinerario dei saperi e l'apprendimento viene stimolato attraverso diversi approcci? Ambizione eccessiva, presuntuosa, non me lo nascondo. Nella fretta, però, rinunciare sarebbe peggio. Apriamo il discorso, sperando che favorisca decisioni politiche pertinenti.

Non si trascuri un dato di fatto essenziale: la maggioranza relativa dei giovani italiani (e famiglie) sceglie il liceo scientifico: è un'attesa che non va trascurata, né eccessivamente semplificata, poiché è carica di complessità. Dal 2010 si prevede che sopravvivano 27 curricoli - fra licei e istituti tecnici. Da solo, il liceo scientifico avrebbe un quarto della popolazione studentesca, agli altri 26 curricoli andrebbero i restanti tre quarti.

Ne deriva che un liceo scientifico puro deve avere più anime. Ma deve restare unitario nell’impianto culturale di fondo: il metodo scientifico. Già ora non siamo lontanissimi da questo obiettivo. Due primi punti fermi: occorre un solo esame di «maturità» finale, la maturità scientifica. E, poiché la legge ha fissato paletti che non sembrano revocabili, le ore settimanali sono 30.

La soluzione può essere nella flessibilità: più opzioni, per cui alcune discipline compaiono pleno iure in un indirizzo e non in un altro, e viceversa. In qualche modo, sulle sperimentazioni, è già così, e non si può tornare indietro. Certo, se si ha timore di una scelta di impianto curriculare che introduce l'opzione (acquisita in molti Paesi), si può pensare a due articolazioni più marcate, o altro. Qualunque soluzione, comunque, non può ridurre il peso della scienza. Né della lingua e letteratura italiana. Né può rinunciare al cambiamento: il laboratorio, luogo educativo di esperienza e teoria coniugate insieme, ben lungi dall'essere piatta empiria ma neanche pura astrazione, per tanti non motivante: il laboratorio come luogo della conoscenza.

*GRUPPO PER LO SVILUPPO DELLA CULTURA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA

 
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