Chiamata diretta docenti: dove si fa già


 

 

La chiamata diretta funziona così

Aspiranti prof scelti dagli istituti in base a titoli e competenze.

Il caso di tre scuole che già sperimentano il nuovo reclutamento previsto dal ddl Aprea.

di Emanuela Micucci

Italia Oggi – 5 maggio 2009

Prove tecniche di chiamata diretta dei docenti a Milano, Genova e Firenze. Tre scuole dal 2006 scelgono autonomamente ogni anno i docenti di ruolo, attuando uno dei profili maggiormente innovativi della riforma della carriera dei docenti prevista dal ddl Aprea (su cui oggi a Roma, presso la Camera, si terrà un convegno organizzato da Anp, Apef e Diesse, presenti i rappresentanti di maggioranza e opposizione). Gli istituti all’avanguardia su questo terreno sono la media a indirizzo musicale Rinascita-A.Livi di Milano, l’istituto comprensivo Scuola Città Pestalozzi di Firenze e l’istituto don Milani-Colombo di Genova. «In realtà», spiega Pietro Calascibetta, preside della Rinascita «noi sfruttiamo la possibilità della selezione autonoma e personale dei docenti che ci è offerta dalla sperimentazione che ci ha trasformato in scuola laboratorio». Il ministro dell’istruzione, Letizia Moratti, infatti con il decreto del 10.3.2006 ha autorizzato i tre istituti a sperimentare per 5 anni il progetto Innovazione previsto dalla sua riforma (decreto legge n. 59 del 19.2.2004). Le scuole così creano una rete per la ricerca e la diffusione didattico-pedagogica, organizzativa e la formazione dei docenti che comporta un organico sperimentale (art. 5). Docenti in possesso di un curricolo che ne attesta la partecipazione a percorsi di formazione, l’acquisizione di esperienze sulle tematiche della ricerca proprie della scuola e adeguate competenze nel campo della formazione di insegnati, la ricerca didattica e la documentazione (art. 7). Di qui la possibilità che l’assegnazione sui posti vacanti sia riservata a docenti di ruolo scelti dalle scuole con selezione precisa e trasparente (art. 9 e 10). L’istituto redige un bando per il reclutamento, lo pubblica all’ufficio scolastico provinciale e sul proprio sito. I docenti interessati a insegnare in una scuola laboratorio presentano la domanda in carta semplice che ne attesta le competenze e i titoli in servizio, culturali, professionali e scientifici. Li valuta «un comitato eletto annualmente», afferma Stefano Dogliani, preside della Pestalozzi, «e composto da 4 docenti non rappresentanti sindacali o di associazioni professionali, senza la presenza del dirigente scolastico». Più che scegliere direttamente i docenti, quindi, il preside ha una funzione di arbitro. Un colloquio orale accerta le competenze professionali in coerenza con le finalità della sperimentazione. La graduatoria finale, approvata dal dirigente, è affissa all’albo dell’istituto e comunicata sul sito web della scuola, dall’ufficio scolastico regionale, dal ministero. Questo reclutamento permette di avere tutti i docenti in servizio il 1° settembre e un rapporto personale insegnante-scuola. Ma, a fronte della motivazione e del maggior impegno dell’organico, mancano incentivi economici. Il primo anno per i neoassunti è di inserimento formativo nell’istituto, altro aspetto in comune con il ddl Aprea. Un tirocinio diverso dai quelli svolti per gli specializzanti delle Siss, le scuole di specializzazione. «Siamo molto favorevoli al tirocinio a scuola nelle fase del reclutamento, è la vera chiave di volta, al di là della scelta degli insegnanti», commenta Calascibetta. «Un sistema innovativo», illustra Paolo Cortigiani, dirigente della Don Milani, «in cui il tutoraggio è assegnato a un consiglio di classe». Ma questo reclutamento sarebbe praticabile da subito in tutte le scuole? «Una scuola normale avrebbe più difficoltà ad attuare un simile percorso contrattuale», concludono i presidi.

 

 

 
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