Indice
INTRODUZIONE
Editoriale di Roberto Pellegatta
PARTE I - IL QUADRO DEL PROBLEMA
La scuola come impresa sociale: il contributo delle comunità locali ai risultati formativi di Angelo Paletta
Alziamo il tono del dialogo: ripensare il modello di scuola di Giovanni Cominelli, Luisa Ribolzi e Jap Sheerens
La scuola, il territorio, le autonomie e l’autonomia regionale differenziata di Annamaria Poggi
What do we mean by “public education?” di Ashley Rogers Berner
Dirigere una scuola a servizio delle proprie comunità di Massimo Recalcati
PARTE II - TESSERE DEL MOSAICO
Soft skills e competenze di cittadinanza, nella prospettiva del capitale umano e sociale del territorio di Giuseppina Lanzaro
Disallineamento nord sud: la scuola genera ancora ascesa sociale? Cosa ci raccontano i dati Invalsi di Filomena Zamboli
Gli stakeholder della scuola: risorse essenziali per una comunità educativa di Maria Paola Iaquinta
PARTE III - ESPERIENZE A CONFRONTO
Migliorare la scuola. Un progetto sperimentale di Giorgio Chiosso
“Scholas chairs” le cattedre di Papa Francesco di Italo Fiorin
“Homeschooling”: un’esperienza di arricchimento reciproco tra scuola e comunità di Maria Bonaretti
La rendicontazione sociale: non una teoria ma la pratica di un servizio al territorio di Giovanna Giordano
Utilizzare i dati Invalsi per la gestione delle istituzioni scolastiche di Tommaso Agasisti e Patrizia Falzetti
Inclusione e disabilità a scuola: ma è vera riforma? di Marco Zelioli
PARTE IV - NORMATIVA
La riforma della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti della secondaria di Giuseppe Cosentino
Editoriale
1. Una delle linee portanti di questa rivista, per la forza ispirativa delle figure alle quali essa è debitrice, resta la convinzione che la qualità di una scuola trovi il suo alimento nella stretta appartenenza alle comunità locali di cui è espressione. Negli ultimi decenni questo aspetto è emerso con più vigore, così che da semplici esecutrici terminali delle disposizioni statali, le scuole hanno iniziato a leggere il proprio territorio ed a rafforzare il dialogo con i soggetti sociali che lo costituiscono. D’altronde è proprio la nostra Costituzione a riconoscere, oltre alle comunità locali, le formazioni sociali come trama istituzionale e sociale della Repubblica.
A questa dimensione essenziale è dedicato il presente quaderno, cominciando da una relazione “storica”, che per il mondo della direzione di scuole che fa riferimento alla rivista, costituì un punto di non ritorno nella crescita di consapevolezza della funzione di chi dirige una comunità scolastica.
Da quella relazione di Chianciano del 2006 si è iniziato a capire meglio che la scuola è un’impresa sui generis: non più un ottocentesco terminale dello stato centrale, ma un’organizzazione finalizzata a soddisfare uno dei bisogni fondamentali della nazione, l’introduzione alla realtà della vita attiva dei propri piccoli e giovani. Un’impresa quindi, capace di farlo, proprio in quanto “sociale”, non solo perché senza finalità di lucro, ma soprattutto per la forte partecipazione dei soggetti coinvolti al perseguimento dello scopo comune, fino a renderli partecipi della gestione e amministrazione delle attività.
Abbiamo chiesto quindi agli autori di aiutarci ad esaminare le caratteristiche principali di questa immagine di scuola, nei termini del dibattito venuto alla ribalta, anche istituzionale, del nostro tempo.
Convinti di osservare una tendenza che non si limita ai confini nazionali, abbiamo anche tentato di rilevare esperienze e tentativi in atto in altri paesi, proprio per mettere a fuoco i caratteri essenziali di quanto tematizzato.
Ne è uscito un quadro, certo abbozzato e incompleto, ma che suscita nuove riflessioni e prospettive, in un periodo nel quale sembra difficile uscire dal grave stato di empasse in cui è finito tutto il sistema scolastico nazionale. Di questo aspetto si occupa, appunto, il dialogo che tradizionalmente la rivista suscita, tra studiosi o protagonisti attenti proprio al tema allo studio.
Può essere utile ricordare che questo tentativo, sotto diverse forme e da di- verse angolature, è un po’il filo rosso degli ultimi quaderni, specie dal n. 2 del 2017.
2. C’è però una questione che l’indagine di questo quaderno apre anche nei contributi di attualità, facendo emergere qua e là una riflessione che dovrà essere ripresa. Si tratta del ripensamento della scuola italiana nella sua forma attuale, erede ormai di oltre 170 anni di unificazione. Già di per sé questo enorme periodo – specie se si considera l’accelerazione progressiva dei cambiamenti culturali, scientifici, economici e sociali – pone da molto tempo una non rinviabile domanda sulla necessità di riformare un sistema, nella sostanza rimasto immutato: domanda che purtroppo non ha ancora trovato risposte organiche e condivise.
La questione che ci sembra emerga in modo non previsto dai vari contributi riguarda il ripensamento delle figure che in prima persona son chiamate a costruire ogni giorno la risposta culturale ed umana ai bisogni formativi: gli insegnanti e le direzioni delle scuole (non potendosi di fatto limitare al solo dirigente scolastico).
Se è sempre più chiaro che una scuola è a servizio della/e propria/e comunità, allora occorre ripensare quella che un tempo era delineata come l’organicità di questi intellettuali. A chi e a cosa debbono essere organici i professionisti della scuola ? Due tesi si sono contese la risposta a questo delinearsi di un compito: quella tutto sommato liberal-nazionale che alla fine identificava l’intellettuale della scuola come organico allo stato (nelle sue istituzioni, nella forma più nobile; o nel potere di turno in quella più grossolana) e quella marxista (o genericamente “di sinistra”) che lo voleva organico ad un’idea futura di società, che poi si identificava in una ideologia cui più o meno forzare lo stato presente delle cose.
I caratteri della scuola come impresa sociale, così come emergono dai contributi di questo quaderno, mostrano che questi intellettuali trovano la loro ragion d’essere e di agire nell’essere organici non solo a delle persone e, ultimamente, al mistero che le costituisce, ma anche a quella trama di relazioni nelle quali le persone sono generate e ogni giorno ri-generate (nel bene e nel male). Questo esige il ri-pensamento culturale e giuridico delle figure attuali, rimaste nella sostanza immutate nei decenni e riconducibili formalmente ad un ruolo di “impiegati dello stato”.
Un ripensamento che riesca a delineare nuove figure di professionisti e co- protagonisti (co-operanti) capaci di concepirsi e di agire a servizio delle persone e delle loro comunità, in un contesto di autonomie istituzionali e di libertà educative riconosciute. A questo lavoro si dovrà probabilmente dedicare l’impresa di una prossima pubblicazione.
Indice
INTRODUZIONE
Editoriale di Roberto Pellegatta
PARTE I - IL QUADRO DEL PROBLEMA
La scuola come impresa sociale: il contributo delle comunità locali ai risultati formativi di Angelo Paletta
Alziamo il tono del dialogo: ripensare il modello di scuola di Giovanni Cominelli, Luisa Ribolzi e Jap Sheerens
La scuola, il territorio, le autonomie e l’autonomia regionale differenziata di Annamaria Poggi
What do we mean by “public education?” di Ashley Rogers Berner
Dirigere una scuola a servizio delle proprie comunità di Massimo Recalcati
PARTE II - TESSERE DEL MOSAICO
Soft skills e competenze di cittadinanza, nella prospettiva del capitale umano e sociale del territorio di Giuseppina Lanzaro
Disallineamento nord sud: la scuola genera ancora ascesa sociale? Cosa ci raccontano i dati Invalsi di Filomena Zamboli
Gli stakeholder della scuola: risorse essenziali per una comunità educativa di Maria Paola Iaquinta
PARTE III - ESPERIENZE A CONFRONTO
Migliorare la scuola. Un progetto sperimentale di Giorgio Chiosso
“Scholas chairs” le cattedre di Papa Francesco di Italo Fiorin
“Homeschooling”: un’esperienza di arricchimento reciproco tra scuola e comunità di Maria Bonaretti
La rendicontazione sociale: non una teoria ma la pratica di un servizio al territorio di Giovanna Giordano
Utilizzare i dati Invalsi per la gestione delle istituzioni scolastiche di Tommaso Agasisti e Patrizia Falzetti
Inclusione e disabilità a scuola: ma è vera riforma? di Marco Zelioli
PARTE IV - NORMATIVA
La riforma della formazione iniziale e del reclutamento dei docenti della secondaria di Giuseppe Cosentino
Editoriale
1. Una delle linee portanti di questa rivista, per la forza ispirativa delle figure alle quali essa è debitrice, resta la convinzione che la qualità di una scuola trovi il suo alimento nella stretta appartenenza alle comunità locali di cui è espressione. Negli ultimi decenni questo aspetto è emerso con più vigore, così che da semplici esecutrici terminali delle disposizioni statali, le scuole hanno iniziato a leggere il proprio territorio ed a rafforzare il dialogo con i soggetti sociali che lo costituiscono. D’altronde è proprio la nostra Costituzione a riconoscere, oltre alle comunità locali, le formazioni sociali come trama istituzionale e sociale della Repubblica.
A questa dimensione essenziale è dedicato il presente quaderno, cominciando da una relazione “storica”, che per il mondo della direzione di scuole che fa riferimento alla rivista, costituì un punto di non ritorno nella crescita di consapevolezza della funzione di chi dirige una comunità scolastica.
Da quella relazione di Chianciano del 2006 si è iniziato a capire meglio che la scuola è un’impresa sui generis: non più un ottocentesco terminale dello stato centrale, ma un’organizzazione finalizzata a soddisfare uno dei bisogni fondamentali della nazione, l’introduzione alla realtà della vita attiva dei propri piccoli e giovani. Un’impresa quindi, capace di farlo, proprio in quanto “sociale”, non solo perché senza finalità di lucro, ma soprattutto per la forte partecipazione dei soggetti coinvolti al perseguimento dello scopo comune, fino a renderli partecipi della gestione e amministrazione delle attività.
Abbiamo chiesto quindi agli autori di aiutarci ad esaminare le caratteristiche principali di questa immagine di scuola, nei termini del dibattito venuto alla ribalta, anche istituzionale, del nostro tempo.
Convinti di osservare una tendenza che non si limita ai confini nazionali, abbiamo anche tentato di rilevare esperienze e tentativi in atto in altri paesi, proprio per mettere a fuoco i caratteri essenziali di quanto tematizzato.
Ne è uscito un quadro, certo abbozzato e incompleto, ma che suscita nuove riflessioni e prospettive, in un periodo nel quale sembra difficile uscire dal grave stato di empasse in cui è finito tutto il sistema scolastico nazionale. Di questo aspetto si occupa, appunto, il dialogo che tradizionalmente la rivista suscita, tra studiosi o protagonisti attenti proprio al tema allo studio.
Può essere utile ricordare che questo tentativo, sotto diverse forme e da di- verse angolature, è un po’il filo rosso degli ultimi quaderni, specie dal n. 2 del 2017.
2. C’è però una questione che l’indagine di questo quaderno apre anche nei contributi di attualità, facendo emergere qua e là una riflessione che dovrà essere ripresa. Si tratta del ripensamento della scuola italiana nella sua forma attuale, erede ormai di oltre 170 anni di unificazione. Già di per sé questo enorme periodo – specie se si considera l’accelerazione progressiva dei cambiamenti culturali, scientifici, economici e sociali – pone da molto tempo una non rinviabile domanda sulla necessità di riformare un sistema, nella sostanza rimasto immutato: domanda che purtroppo non ha ancora trovato risposte organiche e condivise.
La questione che ci sembra emerga in modo non previsto dai vari contributi riguarda il ripensamento delle figure che in prima persona son chiamate a costruire ogni giorno la risposta culturale ed umana ai bisogni formativi: gli insegnanti e le direzioni delle scuole (non potendosi di fatto limitare al solo dirigente scolastico).
Se è sempre più chiaro che una scuola è a servizio della/e propria/e comunità, allora occorre ripensare quella che un tempo era delineata come l’organicità di questi intellettuali. A chi e a cosa debbono essere organici i professionisti della scuola ? Due tesi si sono contese la risposta a questo delinearsi di un compito: quella tutto sommato liberal-nazionale che alla fine identificava l’intellettuale della scuola come organico allo stato (nelle sue istituzioni, nella forma più nobile; o nel potere di turno in quella più grossolana) e quella marxista (o genericamente “di sinistra”) che lo voleva organico ad un’idea futura di società, che poi si identificava in una ideologia cui più o meno forzare lo stato presente delle cose.
I caratteri della scuola come impresa sociale, così come emergono dai contributi di questo quaderno, mostrano che questi intellettuali trovano la loro ragion d’essere e di agire nell’essere organici non solo a delle persone e, ultimamente, al mistero che le costituisce, ma anche a quella trama di relazioni nelle quali le persone sono generate e ogni giorno ri-generate (nel bene e nel male). Questo esige il ri-pensamento culturale e giuridico delle figure attuali, rimaste nella sostanza immutate nei decenni e riconducibili formalmente ad un ruolo di “impiegati dello stato”.
Un ripensamento che riesca a delineare nuove figure di professionisti e co- protagonisti (co-operanti) capaci di concepirsi e di agire a servizio delle persone e delle loro comunità, in un contesto di autonomie istituzionali e di libertà educative riconosciute. A questo lavoro si dovrà probabilmente dedicare l’impresa di una prossima pubblicazione.