Pubblicato il 28 Dicembre 2024.

Fonte: Linkiesta

Articolo di Gianni Balduzzi

Il sistema educativo del nostro paese non riesce a colmare il divario tra autoctoni e stranieri, contribuendo a un circolo vizioso di stagnazione economica e bassa attrattività per talenti qualificati. Bisogna investire in istruzione, formazione continua e valorizzazione del capitale umano, indipendentemente dalla provenienza.

Secondo i dati dell’ultima ricerca Ocse, in Italia le competenze degli adulti sono inferiori rispetto a quelle degli altri Paesi occidentali o avanzati. Se ci concentriamo sulle competenze numeriche il quadro diventa ancora più allarmante. Non solo perché incide direttamente sulla competitività e sulla crescita economica, o perché siamo indietro rispetto a Paesi con redditi più bassi, ma anche perché il problema colpisce in modo particolare gli immigrati, i cosiddetti nuovi italiani.

Dal 2012 al 2023, i punteggi italiani – già sotto la media – sono ulteriormente calati. Tuttavia, questo dato nasconde un leggero aumento di 1,12 punti tra gli italiani nati da genitori autoctoni. Al contrario, i punteggi degli stranieri, figli di coppie miste o immigrati più o meno recenti, sono diminuiti. Per chi è arrivato in Italia da meno di dieci anni, il calo è drastico: le loro competenze numeriche sono inferiori di 13,42 punti rispetto a quelle rilevate dodici anni fa.

In altri Paesi la situazione è diversa. In Spagna le competenze sono migliorate per tutti, tranne che per gli immigrati di seconda generazione (non censiti in Italia nel 2012 per la loro scarsa presenza tra gli adulti). In Francia i punteggi sono scesi tra gli immigrati residenti da oltre dieci anni, ma sono aumentati per gli altri.In Germania, il calo per i nuovi immigrati è stato ancora più marcato (21,87 punti). Ma le competenze degli altri stranieri e degli autoctoni sono migliorate. Va sottolineato che, nonostante il calo, i livelli di partenza in Germania erano comunque più alti di quelli italiani.

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Dati Ocse 

L’Italia si colloca agli ultimi posti in tutti i segmenti, ben distante dai Paesi del Nord Europa, dal Canada e persino da alcune nazioni dell’Est. Non è un caso che, dove le competenze degli autoctoni sono elevate, lo siano anche quelle degli stranieri, sia di prima che di seconda generazione. Questo riflette il valore di un sistema educativo solido, capace di influenzare positivamente anche chi proviene da contesti diversi e affronta difficoltà strutturali. Ci sono eccezioni non da poco. Nonostante un generale miglioramento, nell’ultimo decennio alcuni Paesi presentano risultati medio-alti per quanto riguarda gli autoctoni, ma sono in fondo alla classifica nel punteggio degli immigrati recenti. È il caso di Francia e Germania, dove questi ultimi hanno ottenuto 213,2 e 225,8 punti, molto meno di quelli di chi è emigrato in Inghilterra, in Irlanda, in Canada.

Dati Ocse

Dati Ocse 

In Francia e Germania, ma anche in Svezia, è maggiore che altrove il dislivello tra i punteggi degli autoctoni, 265,81 e 288,38, e quelli degli ultimi arrivati, supera i cinquanta e i sessanta punti, mentre in Spagna è inferiore ai trenta. In Italia è di circa quaranta punti, ma solo perché il livello degli autoctoni, solo 248,46 punti, è già molto inferiore alla media e la distanza rispetto ai 208,74 punti degli stranieri immigrati da poco, tra i più bassi in Europa, è quindi minore. Ma c’è poco di cui consolarsi. Per fortuna è limitata anche la differenza con il risultato di quanti sono nati in Italia da genitori stranieri, 245,61 punti, più che in Germania, ma si tratta di un segmento ancora molto piccolo, sono solo l’1,1 per cento di tutti coloro che hanno tra i sedici e i sessantacinque anni. Vedremo in futuro se il divario tra costoro e i figli di chi è italiano da molte generazioni rimarrà lo stesso.

Dati Ocse 

Il tema di un’immigrazione recente poco istruita, fatta di più di giovani analfabeti a bassa occupabilità che di laureati Stem, non riguarda solo l’Italia, ma anche i nostri vicini. Un problema che non a caso viene usato strumentalmente dai sempiterni populisti e dagli xenofobi. Tuttavia in Italia il problema è ancor più grave: qui i punteggi sono più bassi, la crisi demografica è più dura e ci sarebbe maggiore necessità di nuova forza lavoro. Abbiamo anche la maggiore percentuale di stranieri nati all’estero con un livello di istruzione molto basso, inferiore al diploma: sono il 51,1 per cento, un dato molto più alto di quello già altissimo degli autoctoni che si sono fermati alla terza media o poco più, il 36,1 per cento. In Inghilterra solo il 10,2 per cento degli immigrati nati all’estero non ha il diploma, persino meno che tra gli inglesi da più generazioni, in Svezia il 14,7 per cento, nell’Ocse in media il 21,2 per cento, si sale in Francia e in Spagna al 35,1 e al 45,1 per cento, ma senza raggiungere i numeri italiani.

Dati Ocse, percentuale di persone con un livello di istruzione e variazione nel tempo 

In undici anni, tra 2012 e 2023, la situazione è cambiata pochissimo nel nostro Paese: la quota di stranieri senza un diploma è diminuita solo del 2,3 per cento, mentre crollava del 16,7 per cento tra chi è nato in Italia da genitori italiani. Altrove, tranne che in Inghilterra, è scesa molto di più, nonostante partisse da livelli già inferiori. Allo stesso tempo è cresciuta meno della media, del 6,7% la percentuale degli immigrati con una laurea, e oggi rimane la minore in tutto l’Occidente, del 14,4 per cento.

Dati Ocse, variazione tra 2012 e 2023 della percentuale di persone con un livello di istruzione

L’indagine Ocse rivela che a differenza di altri Paesi, in Italia un livello di istruzione più alto non si traduce in un aumento significativo delle competenze. La bassa percentuale di laureati e diplomati non fa che aggravare la situazione. È naturale che un’economia che ha registrato la crescita più bassa degli ultimi trenta anni non riesca ad attirare immigrati qualificati. E, in un circolo vizioso, questa fuga di talenti alimenta ulteriormente la stagnazione del Prodotto interlo lordo.

Spezzare questo ciclo richiede crescita e investimenti nel capitale umano, a prescindere dalla provenienza. Se superare nel breve periodo la crescita media europea appare irrealistico, rendere l’istruzione più efficace e investire nella formazione di chi ha bassi livelli di studio – anche direttamente sul posto di lavoro – può diventare una priorità concreta. Non solo per lo Stato, ma anche per le imprese, che sarebbero le prime a beneficiare di un miglioramento delle competenze.

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