Articolo di Paolo Maino
Si è svolta il 4 e 5 dicembre la visita preparatoria a Monaco di Baviera presso Verband kath. Kindertageseinrichtungen Bayern e. V. (di cui si può leggere il programma a questo link) come parte del progetto Erasmus+ 2025-1-IT02-KA121-SCH-000322823.
Il progetto Erasmus+ per l’associazione DiSAL è l’occasione di continuare a sviluppare dialoghi e confronti a livello internazionale come possibilità di arricchimento professionale ricercata fin dalle origini dell’associazione nei primi anni 2000.
In particolare il progetto DiSAL negli ultimi due anni della programmazione Erasmus+ 2021-2027 verte sul tema del sistema 0-6 con attenzione allo sviluppo delle life skills nei bambini e sul tema della progettazione, realizzazione e valutazione dei percorsi per il rafforzamento delle non cognitive skills (o soft skills) in età scolare.
La visita preparatorio a Monaco di Baviera presso Verband Kindertageseinrechtungen aveva al centro il sistema 0-6 (dove si presentano integrati Krippe, il nostro nido, e Kita, la nostra scuola dell’infanzia) con particolare riguardo del contesto normativo e pedagogico e con la visita a due scuole molto innovative e di recente o recentissima costruzione del sistema 0-6 in cui sono presenti anche attività di ‘doposcuola’ che hanno a cuore uno sguardo olistico nel confronto del bambino nell’età della scuola primaria (Grundschule).
Hanno partecipato alla visita: Paolo M.G. Maino, presidente DiSAL; Marcello Sottopietra, direttore Scuola Primaria Sacra Famiglia di Trento; Alessandra Gardelli, psicomotricista presso Scuola Primaria Sacra Famiglia di Trento e Chiara Priore, dirigente scolastico in servizio presso il Ministero dell’Istruzione e del Merito a Roma.
Questi i principali spunti emersi dalle due intense giornate di incontri.
Orizzonte Pedagogico e setting educativo (spazi, architetture, arredi)
La mattina del primo giorno ci è stata fatta la presentazione del sistema normativo e dell’orizzonte ampio pedagogico delle riforme degli ultimi anni. Il dialogo con Bettina Bischoff, referente pedagogica presso Verband Kindertageseinrechtung, che ha preparato la presentazione è stato subito ricco di spunti e di domande. Bettina ha messo in luce l’oscillazione esistente nelle scuole del sistema 0-6 tra tensione verso una forte autonomia del bambino nella pratica e nelle scelte e la necessità di creare relazioni solide tra i pari e anche verso l’adulto, che però deve rimanere il più possibile come osservatore e come co-costruttore della ricerca di senso e non deve in alcun modo avere una presenza invasiva.
Abbiamo visitato poi due strutture: la scuola Maria Trost II nella periferia nord di Monaco e la Casa Don Bosco in una zona semicentrale della città (https://casa-donbosco.de/startseite) che si occupano del segmento 0-6 e poi hanno un interessante proposta educativa di doposcuola per i bambini della primaria. Sono entrambe scuole paritarie (come tutte le scuole che fanno riferimento all’associazione Verband Kindertageseinrichtungen a cui si associano scuole cattoliche legate in vario modo alla Caritas della Baviera). Queste strutture ci hanno consentito di avere un primo approccio pratico alla concezione pedagogica di un bambino che cresce in autonomia, senza la costante e diretta interferenza dell’adulto. Si considera, anzi, che l’intervento diretto dell’adulto possa essere rischioso. Si tratta di quello che in termini pedagogici viene definito Offenes Konzept (l’inglese open concept).
Le strutture sono state costruite con investimenti significativi (nell’ordine dei 10-12 milioni di euro per la costruzione) e sono organizzate in stanze tematiche che fungono da laboratori: dall’acqua alla luce, dal movimento al riposo o al sogno.
I bambini, anche a partire dai 3-6 anni (e in modo analogo nei segmenti inferiori), vengono accolti con un breve momento iniziale della giornata, dopodiché hanno la libertà di muoversi autonomamente tra queste stanze per l’intera giornata. L’adulto ha sostanzialmente il divieto di proporre attività specifiche. Il solo vincolo che i bambini devono rispettare è quello di segnalare il proprio spostamento tra una stanza e l’altra attraverso un indicatore posizionato in una sala centrale, permettendo agli adulti di conoscerne la posizione.
All’interno di ogni stanza è presente un adulto, la cui funzione principale è regolativa, limitandosi alla gestione dei litigi e delle dinamiche tra i bambini. La stanza di fatto diventa il cosiddetto “terzo educatore”, portando a riflettere sul fatto che il primo e il secondo educatore (famiglia e insegnanti) appaiono marginali in questo contesto.
Questioni aperte
Gli adulti presenti in stanza si limitano a dialogare e osservare. La filosofia prevede l’istituzione di un “confine” molto ampio entro il quale i bambini sono liberi di muoversi. Se un bambino non riesce a permanere in questo ampio confine, vengono attivati interventi di supporto psicologico o sanitario direttamente all’interno della scuola, un approccio molto diverso dalla prassi italiana.
È emersa, tuttavia, una preoccupazione manifestata da alcune famiglie, anche nelle scuole non paritarie, relativa alla preparazione per il passaggio alla scuola primaria. Un genitore ha raccontato che il figlio, dopo aver trascorso un anno intero solo nella “sala delle costruzioni” perché gli era più congeniale, non sapeva tenere in mano una matita all’ingresso della scuola primaria.
Abbiamo sollevato, nel briefing conclusivo, la preoccupazione che questo “ritiro dell’adulto” – benché descritto da loro come un sostegno al bambino – possa configurarsi come una povertà educativa.
Radici Culturali dell’Autonomia
Crediamo che le radici di questo modello educativo, fondato sull’autonomia spinta e sul ritiro dell’adulto, siano profondissime nella cultura tedesca:
- Traumi della Seconda Guerra Mondiale: Il senso di colpa per non aver saputo vedere o aver obbedito ciecamente ha portato alla necessità di promuovere l’autonomia di pensiero (“bisogna ragionare con la propria testa”). Il bambino non deve essere influenzato da nessun adulto, in quanto l’influenza potrebbe essere negativa.
- Violenza sui Minori: Anche le violenze sui minori, inclusi gli abusi interni alla Chiesa, hanno riaffermato una percezione di pericolosità della relazione con l’adulto, rafforzando l’esigenza di autonomia. L’autonomia è un valore centrale, che si manifesta anche nella libertà di muoversi in città da soli.
Questioni di Management e Struttura Educativa
È stato osservato anche un problema strutturale legato all’equità del sistema: la Baviera non ha la scuola media, ma una scuola elementare prolungata, al termine della quale (a 10-12 anni) gli studenti vengono incanalati in percorsi distinti, che “blindano” la scelta tra diventare operaio o far parte della leadership. Il passaggio da una scelta “sbagliata” a un’altra è possibile, ma molto faticoso. Si ha la percezione che il sistema scolastico perda la sua funzione di “ascensore sociale” irrigidendosi in categorie definite troppo presto.
Primi spunti per l’Italia
Nonostante le numerose domande aperte, la visita ha offerto alcune suggestioni:
- Autonomia e Sorveglianza: La questione dell’autonomia è rilevante anche per il contesto italiano, spesso caratterizzato da eccessivo maternage e dalla sorveglianza costante dei bambini. Si può riflettere su come permettere ai bambini di prendere decisioni e muoversi autonomamente, anche prescindendo dalla presenza continua delle famiglie.
- Gestione del Post-Scuola: Nelle scuole elementari bavaresi l’orario è ridotto (fino alle 11:30 per le prime/seconde, fino all’una per le classi successive). Il servizio doposcuola di conciliazione offerto dalle strutture osservate è improntato alla stessa filosofia: ci sono spazi per lo studio, ma l’adulto non obbliga a studiare o a giocare. È data libertà totale di scelta.
- Spazio mensa: Anche la mensa è gestita con libertà totale (aperta dalle 12:30 alle 14:00). Non c’è alcuna forzatura, puntando su un’autoregolazione del bambino.
In conclusione, pur ritenendo che il modello di ritiro dell’adulto sia da valutare con molta attenzione, la riflessione sulla necessità di incentivare una maggiore autonomia è un aspetto su cui è importante lavorare nel contesto educativo italiano.
Su queste basi e con queste domande si svolgerà l’attività di jobshadowing di mobilità individuale che toccherà 3/4 dirigenti e referenti infanzia nell’ultima settimana di febbraio.
Nella galleria fotografica alcuni contesti e momenti di lavoro.























