Pubblicato il 23 Novembre 2025.

Giovedì 20 novembre 2025 alla Sala Aliseo nei Magazzini del cotone del Porto Antico di Genova, nell’ambito del Salone della Scuola, della Formazione, dell’Orientamento e del Lavoro, l’Associazione DiSAL , insieme all’USR Liguria ha organizzato il Seminario Nazionale di formazione “Contrastare la dispersione scolastica”, prendendo spunto dal volume “Contrastare la dispersione scolastica”, pubblicato a cura di Francesca Biondi Dal Monte e Simone Frega dalla Fondazione per la scuola per le edizioni Il Mulino. Hanno affollato la sala  dirigenti e docenti che si sono confrontati sul tema. Ha introdotto e coordinato Paolo Maino Dirigente scolastico – Presidente nazionaleAssociazione  DiSAL. Saluto introduttivo di Alessandro Clavarino, Dirigente Ufficio II USR Liguria e A. T. Genova. Sono intervenuti Giulia Guglielmini, Presidente Fondazione per la Scuola, Andrea Traverso, Professore associato di Pedagogia sperimentale Università degli studi di Genova e gli autori, Francesca Biondi Dal Monte, Professoressa associata di Diritto costituzionale e pubblico Scuola Superiore S. Anna, Simone Frega, Ricercatore in Diritto costituzionale e pubblico Università degli Studi di Genova. Riflessioni ed esperienze dei Dirigenti scolastici Gabriele Baroni, I.P.S.I.S Gaslini – Meucci, Marzio Angiolani, I.I.S. E. Montale – Nuovo I.P.C., Daniela Del Giudice Scuola Sec. I grado Eugenia Ravasco. Oltre ai relatori ha partecipato Roberto Peccenini, già Dirigente Tecnico, referente in Liguria per il Progetto Città dell’educazione della Fondazione San paolo. La registrazione dell’incontro è disponibile al link https://www.youtube.com/live/1c7QQ3LwWEo .

Una sintesi del seminario

Paolo Maino Dirigente scolastico – Presidente nazionaleAssociazione  DiSAL, ha moderato il seminario, sottolineando che la dispersione scolastica non è soltanto un numero vicino alla doppia cifra sulla dispersione scolastica esplicita, ma è un numero anche molto alto in quella che si chiama dispersione scolastica implicita: sempre più accade che studenti dalle nostre scuole escono con un titolo formalmente in mano, ma senza le competenze e senza un reale orientamento che innanzitutto è un orientamento di sé. 

Il Provveditore di Genova, Alessandro Clavarino, portando i saluti del direttore generale dell’USR Liguria Antimo Ponticiello e sottolineando un messaggio molto importante del libro, ovvero che il primo attore che contrasta la dispersione è la comunità e si rafforza in ciò che riesce a generare nella relazione, nella coprogettazione e nella valutazione delle azioni che compie. Inoltre chiama in causa tutti gli attori, quelli istituzionali, quelli sociali, il mondo della ricerca, il mondo del terzo settore, tutta la comunità. Di fronte al moltiplicarsi delle difficoltà e anche delle patologie ognuno agisce nei propri limiti, all’interno del proprio perimetro. Ma il perimetro è qualcosa che identifica, non soltanto limita e ci mette in condizione di di costruire, non soltanto di separare. 

Giulia Guglielmini, Presidente Fondazione per la Scuola, ha avviato il dialogo. Si è soffermata sulla necessaria collaborazione e sull’intreccio tra la ricerca di tipo accademico, ma poi anche la ricerca applicata e il dialogo con le scuole. dirigenti e insegnanti. Il volume è stato il frutto di un percorso di intelligenza collettiva: è stato fondamentale partire dall’ approccio giuridico dei curatori che forse all’interno del mondo educativo, al mondo delle scuole è un po’ meno conosciuto e ha introdotto il tema dal punto di vista del diritto e del dovere, quindi del dovere a non disperdere, ma anche il diritto a non disperdersi. Per la Fondazione San Paolo era importante approcciare metodologie che a oggi, secondo le evidenze scientifiche, portano a contrastare effettivamente in modo efficace la dispersione scolastica. che sono ben descritte nella seconda parte. Già dal 2014 la Commissione Europea aveva già individuato elementi fondamentali per contrastare la dispersione scolastica. Per esempio la bocciatura è in assoluto l’azione che meno correla con migliori risultati di apprendimento a livello internazionale. Ridurre le ripetenze poteva essere estremamente interessante per contrastare l’espressione scolastica esplicita ma anche implicita. Poi certamente lo sviluppo di attività extracurricolare e quindi la possibilità di intervenire sotto molti profili nell’accompagnare ragazzi e ragazze particolarmente in difficoltà e introdurre l’orientamento scolastico e professionale precoce. L’adozione di strategie efficaci può davvero contrastare la dispersione scolastica. Questo è nelle

nelle mani dei dirigenti scolastici, ma ancora di più a volte nei docenti che in aula ogni giorno possono davvero trasmettere attraverso strategie efficaci.

Andrea Traverso, Professore associato di Pedagogia sperimentale Università degli studi di Genova, ha sottolineato cinque aspetti, pensati più come domande che derivano dalla ricerca piuttosto che come che come risposte.

Il primo punto: chi è che abbandona e chi è che si perde? Traverso ritiene che potrebbe essere interessante sviluppare dei percorsi formativi per gli insegnanti, non per gli insegnanti che devono salvare i dispersi, ma per salvare se stessi e lavorare sulla propria dispersione che necessariamente è collegata a “chi sono? perché insegno?”. Ciò perché senza questi fondamenti diventa difficile tenere dentro un sistema scolastico qualcuno che non lo sente suo, rispetto non soltanto a un’idea di professione, ma anche di relazione con i colleghi e col dirigente scolastico, Il secondo punto è l’idea di scuola. Si riuscirà a essere efficaci in qualsiasi intervento formativo che riguarda noi o che riguarda i ragazzi, se riusciremo a condividere e mettere bene a fuoco che cos’è per noi la scuola: quanto è cambiata l’idea di scuola intorno a noi. Perché se non si sa che cosa abitiamo diventa difficile poi viverci dentro. 

Il terzo elemento è il concetto di obbligo: se si ha in mente una certa idea di scuola, conseguentemente si ha anche in mente un certo idea di obbligo. Ad esempio a seguito del Decreto Caivano in alcune situazioni ora nessuno salta più un giorno di scuola. La domanda è: “Adesso va tutto bene? Abbiamo risolto il problema della dispersione? 

Il quarto tema è il confronto  con le educatrici e gli insegnanti dello 0 – 6 perché l’idea di scuola, di apprendimento, di comunità educativa, si deve costruire da lì, un settore dove sta cambiando. O si rilegge il fenomeno o questi dati che ora si evidenziano nello 0-6 ce li ritroviamo tutti fra 10 anni.

Per questo, ultimo punto, è importante la condivisione di alfabeti con i docenti di ogni ordine, compreso lo 0-6: lì si incomincia a costruire quella vera idea di continuità che non è solamente il visiting o l’open day diffuso, ma la continuità in senso autentico.

Francesca Biondi Dal Monte, Professoressa associata di Diritto costituzionale e pubblico Scuola Superiore S. Anna, ha ricordato che la riflessione sulla dispersione scolastica è anche nell’ambito giuridico centrale, sia perché si ricollega a dei principi fondamentali della nostra Costituzione, ma anche perché è strettamente collegato alle politiche che dobbiamo programmare a favore delle future generazioni. ed è un tema centrale a livello europeo, a livello nazionale e si collega anche alla condizione dei minori. In particolare, molti minori sono, purtroppo, a rischio di povertà ed esclusione sociale, un indice che a livello europeo vede una percentuale di ben 24,2% di bambini di età, appunto, inferiore a 18 anni, che peraltro, se si vede l’Italia questa soglia, questo dato arriva addirittura al 27,1%. Una condizione fortemente influenzata dalla situazione familiare, dal contesto sociale in cui i minori vivono e che ad esempio si aggrava a seconda anche della eh del livello di istruzione dei genitori, dell’eventuale background migratorio, della presenza dei minori in determinati contesti anche territoriali con divari anche in Italia se si pensa ad alcune regioni, al centro o alle periferie.I dati sulla dispersione scolastica che emergono anche dalla eh dai testi INVALSI sono migliori nell’ultimo periodo. In particolare, nel 2024 l’Italia ha raggiunto il il traguardo fissato dal Piano Nazionale di ripresa e resilienza sulla riduzione della dispersione scolastica attestandosi al 9,8% con un anticipo rispetto all’obiettivo fissato per il 2026 che era appunto del 10,2%. Come si può leggere anche nell’ultimo rapporto Invalsi, una quota significativa di studenti che prima avrebbe interrotto il percorso scolastico, oggi rimane nel sistema e spesso presentando maggiore fragilità negli apprendimenti e quindi tale dinamica si riflette anche sugli esiti medi delle prove basi che tengon tendono in alcuni gradi scolastici a una leggera contrazione. Quindi una popolazione scolastica senz’altro più composita, un trend positivo sull’abbandono, ma un’attenzione che deve essere ancora più ferma sulla reale inclusione nel percorso scolastico di tutti i minori. E in questo contesto le varie attività che sono state intraprese nel corso della attuazione del Piano Nazionale di ripresa e Resilienza, in particolare l’orientamento e la riduzione dei divari territoriali sono senz’altro stati importanti. Occorre però valutare l’impatto che hanno effettivamente avuto e nel caso replicarle e mantenerle anche nel prossimo futuro.E’ necessario senz’altro mettere a sistema le azioni che già sono state avviate sul territorio con le progettualità, nella consapevolezza di una comunità educante più ampia, come dimostra anche DiSAL:  la scuola vive al centro di una comunità più ampia fatta di istituzioni, di associazioni, enti, enti del terzo settore che anche e soprattutto nell’ottica della sussidiarietà orizzontale affermata nella nostra Costituzione all’articolo 118 della Costituzione possono lavorare assieme e quindi unire saperi, prospettive, iniziative e anche positivamente finanziamenti, apporti, quindi di conoscenze, di competenze per eh programmare interventi sempre più mirati, personalizzati, calibrati sulle esigenze effettive della popolazione scolastica, anche sottoscrivendo patti educativi di comunità e potenziando le attività che mettono al centro la scuola di un territorio e di una rete più ampia, affinché, appunto, si possano ridurre quelle disuguaglianze in cui alcuni minori possono trovarsi. Piero Calamandrei ci diceva come la scuola fosse un organo vitale per la democrazia, tanto importante da essere paragonato agli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue, quelli da cui parte

il sangue che rinnova giornalmente tutti gli altri organi, perché, appunto, scuola, democrazia, istruzione sono, diciamo, strettamente connessi.

Simone Frega, Ricercatore in Diritto costituzionale e pubblico Università degli Studi di Genova ha osservato che il libro parte da una formazione promosso dall’ufficio scolastico di Massa Carrara sulla dispersione scolastica e organizzato dalla Scuola Superiore S. Anna. CI si è resi conto che per guardare un fenomeno di questo tipo non può esserci una disciplina sola, ma è necessaria una multidisciplinarietà. Per contrastare la dispersione scolastica occorre un’analisi multidisciplinare. Siamo davanti a un fenomeno complesso Da studiosi del diritto costituzionale il nostro compito è capire come favorire che la democrazia possa oggi continuare

a esistere, e come ci si possa muovere dinanzi alla complessità della realtà. Se non arriviamo ad ottenere, a garantire un certo tipo di conoscenza, un certo tipo di apprendimento, un certo tipo di educazione, noi perdiamo le persone e perdiamo la loro capacità di poter essere soggetti protagonisti della società.

Il diritto ci pone davanti a un obbligo della Repubblica di far sì che le persone possano trovare chi sono, possano scoprire i propri talenti, possano rimuovere quegli ostacoli per sviluppare la propria persona perché possano partecipare all’organizzazione politica, economica e sociale del paese. Cioè anche lo sviluppo della persona è funzionale allo sviluppo del paese, allo sviluppo economico, sociale, politico del paese. Per poter affrontare il fenomeno, per poter approcciare la complessità, è necessaria quindi veramente una comunità, ma una comunità fatta non solo dal contesto scolastico, non solo dal contesto familiare, ma fatta da tutti quei soggetti che in un certo senso si ritengono protagonisti in questa sfida.

La complessità ritiene necessario un intervento di molteplici attori che rendano la strada più affascinante alle persone, accompagnando le persone nel loro percorso educativo e deve essere un intervento corale promosso da tutta la comunità, proprio perché in questo processo il minore potrà sentire finalmente incluso in una comunità che punta tutto sui talenti di cui è in possesso e lo sfida affinché possa metterli a frutto per sé e per tutti. Il sistema costituzionale, quindi,

riconosce un valore prioritario allo sviluppo di ogni singola persona umana e deve essere posto in essere tutte le strategie, devono essere posto in essere tutte le strategie perché favoriscano, perché permettano a tutti di raggiungere questo obiettivo. Quindi da un lato il dovere di istruzione funzionale alla crescita della persona e proprio anche i doveri di solidarietà previsti

dall’articolo della Costituzione comportano che una società abbia in sé una responsabilità educativa. Una società è composta da relazioni e questa relazione la troviamo proprio nel dovere di solidarietà l’uno con gli altri, famiglie, insegnanti, società civile, eccetera. La comunità tutta deve prendere consapevolezza della propria responsabilità nel lavoro educativo. Educare, scusate, significa accompagnare

ogni persona, a tirar fuori da sé i propri talenti e le proprie inclinazioni, affinché attraverso un percorso di istruzione e formazione gli stessi possono essere valorizzati e offerti alla comunità per lo sviluppo politico, economico e sociale del paese. Permettere a tutti questo è un dovere, altrimenti con la dispersione scolastica si dissipano talenti e risorse di cui si ha bisogno. Così la società sarà composta da persone che non saranno in grado di comprendere la realtà e relazionarsi con essa e con e quindi con persone che non saranno veramente libere. Quindi il libro intende proprio approcciare questo percorso proprio perché solo studiando, affrontando, trovando strategie, discutendo come stiamo facendo, allora forse si può garantire una democrazia matura, una democrazia formata da persone che vivono in una società che siano veramente libere e che comprendano la complessità che gli dà circonda. 

Gabriele Baroni, Dirigente scolastico I.P.S.I.S Gaslini – Meucci fa parte di un movimento che si chiama “Ripensare la scuola”: bisogna ripensarsi perché ci sono continue evoluzioni. Il primo aspetto interessante del  libro è che permette di ripensare la scuola. E nello stesso tempo, siccome sono snocciolati molti dati , c’è la possibilità di fare una rilettura di valutazione: la carenza delle politiche pubbliche, soprattutto in Italia, è la mancanza di valutazione dell’impatto che hanno. 

E ovviamente occorre  cercare di capire cosa migliorare. Don Milani, diceva: “La scuola ha un solo problema: i ragazzi che perde”. La dispersione è proprio il lato oscuro dell’offerta formativa, cioè l’offerta formativa di per sé dice chi non prendiamo. Allora che cosa ne facciamo di questi ragazzi, di questi ragazzi, di questi studenti, di questi bambini a seconda e soprattutto abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare?

Il Ds Baroni ha poi evidenziato  quattro focus. Il primo sui dati. C’è un miglioramento progressivo dal 2000 a oggi dei dati sulla dispersione; però nel libro si precisa che questo va di pari passo però con un abbassamento delle aspettative, degli standard, cioè nel senso promuoviamo di più ma chiediamo di meno. Soprattutto nei professionali abbiamo dei dati che sono il 60% sotto le competenze di base a 16 anni, quindi ci fanno capire che ci sono dei problemi. Il secondo aspetto è l’importanza della didattica orientativa, quell’anello di congiunzione che ci permette di passare dall’insegnamento all’apprendimento, una didattica che stimola ad andare a cercare, orienta rispetto a qualche cosa che è dentro di te e quindi è davvero il cuore della pedagogia: un altro spunto molto interessante, per il 4+2 che è stato un po’ il nostro grimaldello dell’innovazione.

Il terzo punto è il panorama internazionale e, in particolare  il tema del tempo, cioè superare l’unità oraria E’ possibile introdurre metodologie che danno un ritmo diverso al tempUltimo aspetto è la rete: dobbiamo riuscire a lavorare in rete per poter rispondere alle esigenze della dispersione perché non siamo dei supereroi neanche come scuola. ci sono delle caratteristiche che abbiamo, altre che non abbiamo. Bisogna resistere alla tentazione di avere un atteggiamento difensivo in quest’ottica, cioè l’idea di sbolognare chi ti dà fastidio. Alle volte dietro questo bisogno di sbolognare c’è una miopia, ma in realtà c’è un sensore giusto: a scuola non funziona. Allora, dove può funzionare?

Il 4+2 è stato un po’ questo perché ha messo a sistema il potenziale della scuola, in maniera diversa. Comporta non far scuola solo al mattino: significa farla anche al pomeriggio, significa avere collegamenti con le imprese, con la società. La rete su 4+2 ha proprio avuto questa funzione perché devi avere una rete fatta anche del rapporto con l’ITS ma coi centri di formazione e non in questa dimensione i centri di formazione per noi sono stati un grande stimolo sia per le metodologie perché comunque la la didattica per competenze e tutta la dimensione laboratoriale nei centri di formazione è più spiccata, quindi fanno anche da stimolo, 

Marzio Angiolani, Dirigente scolastico I.I.S. E. Montale – Nuovo I.P.C., ha ripreso le mosse dalla constatazione che il fenomeno è certamente molto complesso. Le dimensioni continuano a portarci da problemi che devono essere affrontati a livello sociale a problemi che devono essere affrontati a livello individuale. E nella vita quotidiana della scuola, questo continuo passaggio da quello che si può progettare, costruire, e che può dare una risposta ai ragazzi in maniera collettiva, a ciò che rivolgiamo ai singoli studenti e alle storie che entrano entrano dentro le aule, entrano dentro il nostro ufficio e e devono essere, come dire, sciolte con i loro nodi per poter trovare la risposta giusta. L’ I.I.S. E. Montale è un istituto a sua volta complesso. Circa metà delle classi sono di liceo linguistico, una buona parte dell’altra metà di istituto tecnico economico con i vari indirizzi e poi una parte delle classe di istituto professionale. All’interno di questi indirizzi c’è una varietà di bisogni molto differenti, e quindi gli insegnanti devono mettere in atto una straordinaria varietà di strumenti. Per certi aspetti il mestiere dell’insegnante poteva essere in qualche modo ridotto all’insegnare inteso come trasmissione dei saperi. Ovviamente è sempre più complesso perché il mondo fuori dalla scuola sta diventando sempre più complicato e sempre più rapido e la scuola è sempre meno in grado di rimanere ancorata alle proprie certezze. Questo rende sempre più difficile il mestiere di insegnante. Dall’anno 2019-2020 sono quasi raddoppiati gli alunni con certificazioni e i bisogni educativi speciali e quindi sia alunni con disabilità che DSA, ADHD, ecc.sono quasi raddoppiati: circa il 27-30% di alunni ha una certificazione a vario titolo. Gli studenti sono sempre più incerti nei confronti del mondo in cui andranno a vivere prima ancora che a lavorare, ma poi anche a lavorare. E quindi quando affrontano il percorso di un istituto secondario spesso non hanno solo l’incertezza su che cosa stanno studiando, ma su che cosa sarà la loro vita e spesso l’unica certezza che hanno, guardando genitori che si affannano, è che non vogliono fare la stessa fine. Immaginano una vita che sia differente, un lavoro che sia differente, che permetta di avere loro spazi diversi, equilibri diversi tra la vita privata e la vita lavorativa. L’ITS con cui siamo in filiera, ha un sistema molto più rapido per poter decidere i programmi, per agganciarsi con il mondo del lavoro e aiuta a capire un po’ prima come cambia il mondo.

Nello scorso anno il numero degli studenti non ammessi perché non scrutinati per il numero di assenze erao pari o superiori al numero dei non ammessi. Questo è stato un campanello forte di allarme: quale peggiore dispersione di quella di studenti che neanche si ritirano per cercare di arrivare comunque all’ammissione alla classe successiva attraverso percorsi vari, ma arrivano a non poter essere scrutinati. C’è un aumento eh straordinario delle patologie psichiatriche, della patologia di ritiro sociale e di fobia scolare. Un osservatorio privilegiato è il fatto che il Montale è titolare della sezione di scuola in ospedale. È anche un osservatorio privilegiato su determinate patologie, soprattutto neuropsichiatria negli ultimi 4-5 anni è completamente esplosa. Come affrontare queste patologie, naturalmente è un’altra sfida importante ed è un ambito su cui fare veramente formazione per gli i docenti, perché la possibilità anche di rintracciare i segnali in tempo dell’insorgenza delle patologie fa molto la differenza nell’efficacia poi dei percorsi terapeutici.

Ecco alcune delle esperienze che secondo noi sono state significative al Montale per contrastare la dispersione. 

1. come tutte le scuole superiori, abbiamo diversi strumenti tradizionali di supporto alla fragilità degli apprendimenti, corsi, sportelli, sul metodo di studio, sull’italiano lingua 2: hanno un valore sia dal punto di vista degli apprendimenti disciplinari, sia come dimensione della comunità educante . 

2 Lo sportello psicologico al Montale ha un esperto che ha sia le competenze psicologiche che quelle pedagogiche. In Norvegia nel momento in cui uno studente si comporta male o più studenti si comportano male in una classe, interviene una task force di pedagogisti e lavora con gli insegnanti. Se c’è un problema sul comportamento degli studenti, si lavora con gli insegnanti. Alle volte può essere ovviamente un problema di relazione tra gli studenti o tra studenti e docente o tra anche tra i docenti: avere la possibilità di avere un esperto capace di entrare in relazione con gli studenti, in relazione con i docenti e far riflettere sulle relazioni, far lavorare sulla relazione, credo che sia un un grandissimo vantaggio.

3. il mentoring: è stato una di quelle cose che credo il PNRR ci lascerà come più preziose. Il rapporto è un rapporto uno a uno di supporto allo studente. Io credo che abbia fatto molto bene a molti studenti nel nostro istituto, è stato svolto principalmente da docenti interni che si sono dati disponibili. Ha fatto anche molto molto bene ai nostri docenti Queste relazioni personali creano un valore, lo creano negli studenti principalmente, ma lo creano nei singoli docenti che lo riportano e fanno alzare, come dire, la sensibilità pedagogica del collegio. Ogni centimetro che noi guadagniamo all’interno del collegio sono davvero valori enormi perché non vanno sulla singola sul singolo docente o alle volte sul singolo consiglio di classe, ma ricadono su tutta la scuola. 

4. Stesso valore ha il tutor PFI che è il tutor che si ha nelle scuole, appunto, negli indirizzi del corso professionale per il piano formativo individualizzato. Il problema è trovare le risorse. Queste figure esistono, ma come si possono valorizzare, come si possono pagare? Ogni scuola fa eh le proprie scelte e decide di investire magari più su un una parte che sull’altro. Al Montale si utilizza un’ora di potenziamento. In ogni classe c’è un docente con un’ora di potenziamento dedicato ai piani formativi individualizzati. La filiera tecnologica professionale è un laboratorio di innovazione. Si possono squadernare i programmi, diciamo così, i curricola e rimpaginarli  alterando l’ordine, alterando anche, l’unione tra diverse materie. E’ davvero un’occasione imperdibile e che si fa, come ogni sperimentazione, in un piccolo laboratorio, sperando che poi possa avere ricaduta su tutto il collegio. 

La sfida è far sì che ci sia un progetto, una visione di scuola, un’idea di scuola che che è un un concetto che cerco di di di avere sempre in mente. L’importante è che ci sia un’idea di scuola a cui ognuno degli interventi su cui si vuole investire partecipi e fare in modo che non siano incoerenti. Alcuni funzionano meglio, alcuni funzionano peggio. Alcuni riusciamo a finanziarli meglio, alcuni abbiamo più difficoltà a finanziarli, però alla fine quello che conta è motivazione e relazione e la fiducia che gli insegnanti riescono in qualche modo a dare a ragazzi che molto spesso hanno avuto tanti tanti insuccessi. 

Daniela Del Giudice, Coordinatrice didattica Scuola Sec. I grado Eugenia Ravasco, riafferma, pur nei limiti di una scuola pubblica paritaria, più piccola e meno ricca di risorse rispetto a grandi istituti statali, che la relazione, lo sguardo sul bisogno sono fondamentali. Il libro porta all’attenzione alcune parole chiave: l’importante è lavorare sulla relazione già da quando gli alunni  sono piccoli e operare in modo sinergico con tutto il gruppo nel rispetto dei propri ruoli. La nostra scuola ha creato un’unità pedagogica. Al Ravasco una pedagogista opera nelle classi e lavora su ogni singolo bambino: già da piccoli si lavora cercando di orientare, cercando di capire qual è il bisogno del bambino, cercando di infondergli fiducia, cercando anche di agganciare la famiglia. Al Ravasco, come in molte scuole paritarie, i bambini passano tantissimo tempo e quindi si ha il dovere proprio di aiutarli a costruire il loro futuro. Un’esperienza recente è stata accolto una ragazzina con grandi disagi, e che non voleva più andare a scuola, una ragazzina che a causa del Covid aveva iniziato proprio a isolarsi e ad essere molto provocatoria.

Si è realizzata un’unità di forze e, con la guida della pedagogista è stato avviato un faticoso percorso di collaborazione con la famiglia attraverso la sottoscrizione di un patto e la famiglia ha consentito di chiedere un sostegno per far fronte alle assenze dell’alunna e alle difficoltà della classe.

Piano piano, con tanta pazienza e tanta voglia di confronto con i docenti si è ricreato un senso di fiducia e questa ragazzina è riuscita ad arrivare all’esame di stato. All’inizio lei a scuola veniva un giorno, poi spariva, veniva ricercata dai carabinieri perché la famiglia veramente non sapeva dove sbattere la testa. Tornava a scuola arrabbiata, se la prendeva spesso con i compagni e quindi occorreva dare anche delle spiegazioni ai compagni Il giorno dell’esame, eravamo tutti in ansia perché non sapevamo se questa ragazzina si sarebbe presentata. Invece lei ha fatto un esame regolare, ovviamente guidato dalla docente di sostegno e alla fine ha iniziato a parlare di lei stessa. Siamo rimasti tutti a bocca aperta e una volta completato l’esame ha espresso una straordinaria gratitudine.Tutt’ora frequenta la scuola di secondo grado: questa è stata una grande conquista. E’ fondamentale fare rete tra scuole pubbliche paritarie e statali e con le istituzioni.

Purtroppo c’è stato un aumento di casi di BES. Le scuole paritarie sono speso l’ultima spiaggia e quindi sfondano anche il 30 per cento degli alunni. Che fare? Creare progetti, costruendo e progettando insieme, ma soprattutto  cercando proprio di entrare nel cuore e  nella mente dell’alunno,Un’ultima bella esperienza dell’Istituto Ravasco è creare un saloncino di orientamento. Il progetto didattico di orientamento parte dai piccini, dalla scuola dallo 06, eh

dal nido infanzia, fino a primaria e secondaria di primo grado.

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